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Dalla Porta Santa passa la sofferenza del mondo

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analisi

Dalla Porta Santa passa la sofferenza del mondo

Una data resterà impressa nella sotria del pontificato di Francesco: 8 dicembre 2015. Nel giorno dell’Immacolata il Papa imprime all’intera Chiesa una accelerazione pastorale verso la «misericordia».

«Misericordia”, vista non solo come un attributo divino necessario a decrittare il perdono, ma come cifra inclusiva della natura stessa dell’uomo, tanto da metterla anche dentro il suo stesso stemma papale. L’8 dicembre: questa mattina, poco dopo le 11, il Pontefice apre la Porta Santa della basilica di San Pietro, e segna uno spartiacque del quale Francesco era ben consapevole quel 13 marzo scorso, quando nel giorno del secondo anniversario della sua elezione annunciò a sorpresa l’anno santo straordinario. Un significato profondo e ancora insondabile, che coglie anche la data del cinquantenario della fine del Concilio Vaticano II, che pure fu una svolta d’epoca.

Tutto si tiene: il Papa gesuita fattosi francescano studia a fondo il contesto di ogni situazione, il “discernimento” di Ignazio prima di tutto, e poi agisce, con un coraggio che rompe gli schemi e soprattutto supera le barriere. Un Giubileo “a tema”, innovativo quasi in ogni suo passaggio, dalla cerimonia in anteprima nella cattedrale davvero poco maestosa di Bangui, cuore sofferente dell’Africa, fino a quella di far aprire le porte sante in ogni diocesi del pianeta, e addirittura di considerare santa ogni porta di ogni cella di ogni carcere al mondo.

La periferia si fa centro e tutto torna davvero alle origini, in sintonia con la tradizione biblica della remissione dei debiti e la restituzione delle terre. Forse non c’è una rappresentazione più limpida di come Jorge Bergoglio intende la sua missione pastorale, dando forza alle fragilità del mondo. Certo, chiunque potrà andare in pellegrinaggio a Roma e potrà ottenere l’indulgenza plenaria - remissione non dei peccati, ma di tutte le pene che rimangono da scontare, quando le colpe siano già state perdonate - è una delle caratteristiche principali dei giubilei, che pure nei tempi lontani deviarono dalla loro missione, tando che questa fu una della cause scatenanti della riforma protestante.

Anche questo è un segnale ecumenico, verso gli altri cristiani: inaugurare oggi significa rimettere al centro il Concilio, secondo molti disatteso dagli ultimi due papi, e quindi anche il processo di dialogo con i fratelli separati. Misericordia come urgenza dei nostri tempi, ma anche della Chiesa sembra dire il Papa dentro la bolla di indizione del giubileo e che secondo il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, “prima che i trattati” può costruire “terreni e geografia di pace del mondo”.

Non è un “parroco del mondo” che parla semplice, ma un forte capo della Chiesa che ha ben compreso fin dalla sua elezione come ci fosse poco tempo per dare una sterzata, e il mondo intero (a partire dai non credenti, forse più dei devoti) lo ha ben compreso e lo sta a sentire. Come Giovanni XXIIII, osteggiato dalla vecchia guardia al momento di indire il Concilio, anche Bergoglio deve fronteggiare ostilità e trabocchetti – e Vatileaks-2 dimostra bene quanto queste pratiche siano tutt'ora praticate grazie a complicità tra i poteri oscuri, specie italiani – ma non se cura troppo, sa che il papato non si esercita con tatticismi. E va sempre oltre. Fino al 20 novembre 2016, giorno di chiusura del giubileo, il Papa si è impegnato a tenere un sabato al mese una udienza generale in più, in giugno guiderà nelle basiliche un ritiro spirituale per i pellegrini, e ha annunciato che ogni venerdì compirà un gesto giubilare.

All’apertura della porta santa, sarà presente anche il papa emerito Benedetto XVI, che ha omaggiato nel viaggio in Africa riconoscendogli il grande coraggio di denunciare la “sporcizia” nella Chiesa.

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