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Burqa vietato in Regione Lombardia

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Burqa vietato in Regione Lombardia

  • –Marco Ludovico

ROMA

Torna in ballo il divieto del burqa. Scatterà in Lombardia dall’anno prossimo: stop a chi lo indosserà se vuole entrare in un ospedale o in un altro ufficio pubblico. Lo ha annunciato ieri il presidente della Regione, Roberto Maroni: la giunta ha modificato il regolamento per l’accesso alle strutture regionali. Il testo richiama la legge già in vigore che non consente di circolare in pubblico senza poter essere riconosciuti. «Chi vuole entrare negli ospedali lombardi e nelle sedi della Regione dovrà essere riconoscibile e presentarsi a volto scoperto: sono quindi vietati burqa, niqab, così come passamontagna e caschi integrali» ha affermato l’assessore alla sicurezza, Simona Bordonali. «I gravi episodi di terrorismo - ha specificato - ci hanno indotto a rafforzare le misure di sicurezza». La posizione granitica della Regione Lombardia non trova però consensi unanimi. A cominciare dal prefetto di Milano, Alessandro Marangoni: «La religione non deve essere confusa con la sicurezza, è comunque un problema che verrà trattato nelle sedi opportune».

Sul piano della pubblica sicurezza, infatti, non ci sono dubbi: nessuno può circolare in modo «travisato» come si dice in gergo. La Francia, l’anno scorso, ottenne ragione persino dalla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, a cui si era rivolta nel 2011 una ventenne che indossava il velo integrale e aveva fatto ricorso contro la legge emanata da Nicolas Sarkozy per vietare burqa e niqab. Secondo Strasburgo quella normativa «persegue lo scopo legittimo di proteggere i diritti e le libertà altrui e di assicurare il rispetto dei minimi requisiti del vivere insieme». Dopo gli attacchi terroristici a Parigi non mancano in questo momento pressioni anche in Germania sulla premier Angela Merkel, da parte delle forze conservatrici, per stabilire un divieto esplicito contro il burqa.

Il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, critica però Maroni. «Siccome c’è la legge, non si avverte l’esigenza di inventarsene di nuove, che appaiono di sapore simbolico-propagandistico. La legge - sottolinea - esiste per quanto riguarda la questione del travisamento, va fatta applicare». Poi, aggiunge Orlando, «in questo momento c’è bisogno di tutto tranne che agitare dei simboli e di fare propaganda, perché mi pare che in questo ambito gli estremisti islamici siano imbattibili e quindi non mi cimenterei su questo terreno».

Persino il governatore della Liguria, Giovanni Toti (Forza Italia) non è poi così entusiasta del collega milanese. «Al momento è sufficiente seguire le regole che già ci sono». Un provvedimento del genere «non è all’ordine del giorno, ma se ci fosse non mi opporrei» precisa Toti, che ricorda comunque come «le Regioni non hanno competenza sull’ordine pubblico, sono decisioni che deve prendere il Governo». Alcuni presidenti di Regione di centrosinistra hanno criticato la scelta della giunta Maroni, che secondo il governatore della Calabria, Mario Oliverio, «ripropone una cultura della non accoglienza sbagliata». «In Umbria negli ultimi anni - ha detto la presidente Catiuscia Marini - abbiamo strutturato i servizi sanitari proprio affinchè si tenga conto delle donne che hanno culture e religioni diverse dalla nostra». Contrari a Maroni anche i governatori del Piemonte, Sergio Chiamparino, e della Toscana, Enrico Rossi.

La questione, dunque, sembra prendere la classica piega della polemica politica. Se già è in vigore una legislazione nazionale con un divieto comunque esplicito c’è da attendersi, semmai, che le forze di polizia, oggi impegnate ad ampio raggio nell’antiterrorismo, siano anche più sollecite per evitare la circolazione in modo «travisato» soprattutto nel caso del velo integrale.

Si profilano già iniziative di ricorso contro la decisione della giunta lombarda. «Un atto amministrativo non può incidere su una libertà costituzionale come quella di professare e manifestare la propria religione e se si vogliono introdurre limiti per esigenze di sicurezza pubblica bisogna farlo con una legge» afferma l’avvocato Alberto Guariso, esperto in materia di diritti e di immigrazione. Ad avviso del legale le norme approvare dalla Regione Lombardia sono in contrasto «con la normativa italiana ed europea». Guariso, uno dei responsabili dell’Asgi (associazione studi giuridici sull’immigrazione) annuncia, tra l'altro, che «faremo presto ricorso».

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