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Garlasco, il Pg della Cassazione chiede di annullare la condanna a Stasi

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L’OMICIDIO DI CHIARA POGGI

Garlasco, il Pg della Cassazione chiede di annullare la condanna a Stasi

Alberto Stasi (Ansa)
Alberto Stasi (Ansa)

Annullare la condanna a 16 anni inflitta ad Alberto Stasi e celebrare un nuovo processo. Queste le richieste del sostituto pg di Cassazione, Oscar Cedrangolo, nell'ambito del processo davanti alla Suprema Corte sull'omicidio di Garlasco. Secondo il magistrato vanno accolti sia il ricorso della procura generale che quello della difesa dell'imputato e, dunque, va annullata con rinvio la sentenza di condanna emessa dalla Corte d'assise d'appello di Milano il 17 dicembre dello scorso anno, in sede di appello-bis.

La sentenza nel pomeriggio
Alberto Stasi è stato due volte assolto e poi condannato a 16 anni nell'appello bis deciso dalla Suprema Corte. Alberto non è in aula, così come la famiglia Poggi che attende il verdetto nella villetta di via Pascoli a Garlasco, in provincia di Pavia, dove Chiara è stata uccisa il 13 agosto 2007. La sentenza della Cassazione, attesa già nel tardo pomeriggio, è slittata a sabato mattina. Tre le opzioni per i giudici: possono confermare la sentenza e per Stasi si aprirebbero le porte del carcere; potrebbero decidere di accogliere la richiesta dell'accusa (dando il via a Milano un nuovo processo contro Alberto); potrebbero nuovamente capovolgere il verdetto e mettere fine, per sempre, all'incubo giudiziario di Alberto.

La requisitoria del Pg
Il procuratore generale Cedrangolo nella sua requisitoria ha sottolineato «la debolezza dell'impianto accusatorio», che ha portato alla condanna. Nell'articolata relazione ha scandagliato punto per punto gli indizi che hanno portato la corte d'appello di Milano lo scorso anno, dopo il rinvio della Cassazione, ad emettere la condanna. «In questa sede non si giudicano gli imputati ma le sentenze. Io non sono in grado di stabilire se Alberto Stasi è colpevole o innocente. E nemmeno voi» ha detto il pg rivolgendosi al collegio, «ma insieme possiamo stabilire se la sentenza è fatta bene o fatta male. A me pare che la sentenza sia da annullare». Il pg ha sottolineato che a suo avviso «potrebbero esserci i presupposti di un annullamento senza rinvio, che faccia rivivere la sentenza di primo grado» e quindi l'assoluzione di Alberto.

Ma il procuratore ha sottolineato come la prima sentenza della Cassazione dell'aprile 2013 abbia voluto «ascoltare il grido di dolore» dei genitori di Chiara Poggi nel chiedere di trovare l'assassino della figlia: «Ho apprezzato lo scrupolo della Cassazione, quando dopo le due assoluzioni ha chiesto un nuovo giudizio. E vi chiedo di concedergli lo stesso scrupolo». Il pg ha quindi suggerito che si dispongano «nuove acquisizioni o differenti apprezzamenti» ma ha poi precisato che «l'annullamento deve essere disposto sia in accoglimento del ricorso del pg, sia di quello dell'imputato. Perché se Alberto è innocente deve essere assolto, ma se è colpevole deve avere la pena che merita».

La tesi della requisitoria
Nessun movente è stato individuato, né vi sono indizi precisi e concordanti in grado di fare chiarezza sull'omicidio di Garlasco: sarebbe questa la tesi del pg esposta nella requisitoria davanti ai giudici della V sezione penale della Suprema Corte. «Dobbiamo valutare il fatto che vi è un insistito tentativo di individuare un movente - ha rilevato il magistrato - e questo tentativo è rivelatore della debolezza dell'impianto accusatorio: gli indizi non sono indizi, non sono affatto certi e nella consapevolezza di questa realtà si cerca un movente che non si riesce a trovare». «L'omicida viene definito spietato - ha osservato Cedrangolo - ma poi si esclude l'aggravante della crudeltà, proprio per la consapevolezza di un impianto accusatorio fragile. È il solito “colpo al cerchio e uno alla botte”, ma così non si fa giustizia, si aggiunge solo dolore a dolore, disperazione a disperazione, sentimenti per i quali bisogna avere il massimo rispetto».

Il pg Cedrangolo ha sottolineato poi il «modo procedurale non corretto e inaccettabile» di fronte al quale ci si trova «quando le risultanze processuali vengono alterate», nonché, «la perniciosa forma di spettacolarizzazione, attraverso processi televisivi che inquinano la capacità di giudizio degli spettatori, tra cui forse rientrano anche i giudici popolari». Nella requisitoria, il magistrato ha demolito punti importanti della sentenza di condanna: «Si definisce primo grave indizio la messa in scena di un incidente domestico che non esiste come dato processuale», ha rilevato il pg bollando questo punto come «infortunio della sentenza di rinvio».

I punti che non tornano
Inoltre, Cedrangolo si è soffermato sulla questione delle scarpe di Stasi e sul sangue presente nella casa del delitto: «Vi è stato un massiccio inquinamento del luogo e sono 24 le persone che si sono recate in quell'appartamento prima dei rilievi del Ris. Non si è concentrata l'attenzione sulle impronte in uscita dalla casa che l'aggressore potrebbe aver lasciato e incongruenze ci sono anche sulla misura della calzatura». Il pg ha parlato poi di «discrepanze» anche su altri nodi centrali delle indagini, dalle impronte sul dispenser di sapone («l'imputato frequentava abitualmente quella casa, non aveva alcun interesse a cancellare le sue impronte, sarebbe stato strano che non ce ne fossero, e la sentenza di rinvio non si confronta con quella di primo grado che sottolinea che non vi e' alcuna traccia di sangue nel lavabo»). E ancora: sulla bicicletta «è la stessa sentenza impugnata - ha affermato il pg - a dire che ci sono solo ipotesi e non certezze», e sul movente Cedrangolo ha evidenziato che «la logica impone di escludere l'insostenibile ipotesi secondo cui, per evitare che la fidanzata rendesse pubblica la sua perversione di collezionare materiale pornografico distruggendo così la sua immagine di ragazzo per bene, la uccide, e come alibi il giorno dopo consegna proprio quel pc ai carabinieri».

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