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Il modello Expo fa scuola nella lotta alle infiltrazioni

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Attualità

Il modello Expo fa scuola nella lotta alle infiltrazioni

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La prova più dura del 2015 è stata garantire la sicurezza dell'Expo ma la Direzione investigativa antimafia (Dia) l'ha superata. E' questo l'aspetto che spicca nel consuntivo presentato ieri al Viminale dal direttore Nunzio Antonio Ferla alla presenza, tra gli altri, del ministro dell'Interno Angelino Alfano, che non ha mancato di sottolinearlo. «Se abbiamo ottenuto quei risultati per Expo – ha affermato – è perché abbiamo usato la Dia come strumento servente della magistratura e dei prefetti, specificatamente sui temi delle informative e delle interdittive, dando informazioni globali perché assunte in una dinamica interforze. La magistratura deve giovarsi della Dia più che può, con i prefetti bisogna fare più squadra e ho emanato una direttiva per dire che è inutile che i magistrati e i prefetti vadano alla ricerca di informazioni di frammento se abbiamo la Dia».

Expo 2015 e appalti pubblici
E allora eccoli i numeri delle operazioni condotte per Expo 2015, che da poco più un mese e mezzo ha chiuso i battenti a Milano dopo aver catalizzato le attenzioni del mondo per sei mesi.
Gli uomini della Dia hanno analizzato ed evaso 25.216 istanze di accertamento – in pratica 137 al giorno – e monitorato le informazioni relative a 6.566 imprese e 75.535 soggetti, con uno screening che ha consentito di conoscere in tempo reale la formazione delle compagini societarie, oltre ai precedenti penali di operai e/o imprenditori. I gruppi interforze costituiti presso le prefetture hanno effettuato 111 accessi ai cantieri, controllando in loco 1.065 imprese, 3.470 persone e 1.577 mezzi e giungendo infine ad emettere 133 misure interdittive antimafia su oltre 8.759 imprese verificate.
Il monitoraggio finalizzato alla prevenzione e alla repressione dei tentativi di infiltrazione mafiosa negli appalti pubblici non si è certo esaurita qui. In tutta Italia sono stati effettuati monitoraggi su 4.997 imprese e 40.289 persone fisiche, con accessi ispettivi a 139 cantieri e il controllo di 4.408 soggetti, 1.243 imprese e 2.623 mezzi.

I colpi ai patrimoni
L'ampio spettro di operazioni coordinate – complessivamente 329 di cui 277 su delega delle autorità giudiziarie e 52 su impulso autonomo – hanno permesso di colpire i patrimoni delle mafie con sequestri e confische.
In totale sono stati sequestrati quasi 2, 9 miliardi (2,6 da attività preventiva e 225 milioni da attività giudiziaria) e confiscati oltre 540 milioni (con una divisione che ricalca lo schema precedente, rispettivamente di 529 milioni e 10,5 milioni). A essere colpite, innanzitutto Cosa nostra, alla quale sono stati sequestrati complessivamente oltre 2,5 miliardi e confiscati oltre 320 milioni. Solo ai fratelli Virga, che erano riusciti ad aggiudicarsi nel tempo, lavori e appalti pubblici, l'8 luglio la Dia di Palermo ha sequestrato un patrimonio complessivo di oltre 1,6 miliardi. La ‘ndrangheta è stata invece “impoverita” con sequestri per oltre 153 milioni e confische per un totale di oltre 80 milioni.
«Sempre di più le mafie tradizionali, pur mantenendo ciascuna caratteristiche endogene ben precise e perdurando in una serie di costanti patologiche – ha affermato il generale Ferla – privilegiano la corruzione alla violenza, scegliendo una strategia di sommersione. Le mafie sono sempre più capaci di reperire e impiegare capitale sociale, ovvero di manipolare e utilizzare relazioni sociali, combinando legami forti, che assicurano lealtà e senso di appartenenza, con legami flessibili e aperti verso soggetti esterni all'organizzazione mafiosa e appartenenti al mondo politico, imprenditoriale e istituzionale, garantendo così ai clan un ampio ed eterogeneo serbatoio di risorse relazionali. Le organizzazioni criminali, che manifestano sempre più una forza espansiva che travalica i confini nazionali, sono straordinariamente abili ad adattarsi ai vari ambiti territoriali e sociali, sfruttando tutte le opportunità offerte dalle differenti discipline legislative preferendo Stati non cooperativi in cui le maglie larghe dei sistemi normativi agevolano le attività di penetrazione e di reinvestimento».

Riciclaggio
Infine il capitolo dedicato al contrasto al riciclaggio finanziario. Su 70.698 segnalazioni di operazioni sospette pervenute, la Dia ne ha trattenute 486 e ne ha evidenziate 11.080 alla Direzione investigativa antimafia e antiterrorismo, nell'ottica di una collaborazione sempre più stretta.
«Lo Stato può vincere la lotta alle mafie se lo vuole – ha concluso il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, con uno slancio di ottimismo – e siamo sulla strada giusta. Si avvicina la fine delle mafie così come le abbiamo conosciute, ma occorre affrontarle efficacemente sul piano economico. Il 2015 è stato un anno importante per il contrasto alla criminalità organizzata, nuove norme ci hanno dato strumenti più efficaci e finalmente sta prendendo piede anche la lotta alla corruzione, che è un problema centrale».

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