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Svolta nell’inchiesta sull’omicidio del procuratore…

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l’uccisione avvenne nel 1983 a torino

Svolta nell’inchiesta sull’omicidio del procuratore Caccia: arrestato a Torino il presunto killer

Svolta nell’inchiesta sull’omicidio di Bruno Caccia, il procuratore capo di Torino ucciso la sera del 26 giugno 1983. Trentadue anni dopo, uno dei suoi presunti assassini è stato arrestato dalla polizia. L’uomo fermato è Rocco Schirripa, torinese di 64 anni, di origini calabresi, che attualmente faceva il panettiere alla periferia della città. L'inchiesta è stata coordinata dalla procura di Milano.

Il procuratore della Repubblica fu ucciso da due persone sotto casa, in una via della precollina torinese, la sera del 26 giugno 1983, con quattordici colpi di pistola. Per il delitto fu condannato all'ergastolo Domenico Belfiore, attualmente agli arresti domiciliari per motivi di salute, considerato il mandante dell'assassinio del magistrato torinese.

Rocco Schirripa è stato incastrato grazie a una lettera anonima inviata dagli inquirenti milanesi a Domenico Belfiore, già condannato all'ergastolo per l'episodio. In seguito alla lettera sono state intercettate le “reazioni” sul coinvolgimento di Schirripa.

La lettera anonima conteneva la fotocopia di un articolo del quotidiano La Stampa di 32 anni fa, con la notizia dell'arresto di Domenico Belfiore per l'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia. E, sul retro, gli investigatori hanno scritto il nome 'Rocco Schirripa', con l'obiettivo di sondare la reazione su uno dei sospetti che, all'epoca, era un “soldato” della famiglia Belfiore. Reazioni che non si sono fatte attendere.

Belfiore, che dunque si trova agli arresti domiciliari per motivi di salute, non sapendo di essere intercettato, pur utilizzando diverse precauzioni ha parlato dell'episodio con suo cognato, Placido Barresi, che era stato assolto dall'accusa di omicidio. Barresi ne ha parlato a sua volta con Schirripa che, interrogandosi su chi avesse inviato la lettera anonima con il suo nome, aveva anche progettato la fuga. È stato però arrestato dalla Squadra mobile di Torino in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Milano Stefania Pepe.

La lettera anonima, ha spiegato il procuratore di Milano facente funzione, Pietro Forno, è stata quindi una «scommessa investigativa» che ha consentito di raccogliere elementi a carico di Schirripa, scatenando una reazione 32 anni dopo il delitto.

La ricostruzione dell’omicidio
Rocco Schirripa, l'uomo arrestato per l'omicidio del procuratore di Torino Bruno Caccia, avrebbe dato il “colpo di grazia” al magistrato, vittima di un agguato mentre portava a passeggio il suo cane il 26 giugno 1983. È la ricostruzione degli inquirenti della Dda di Milano, che hanno coordinato le indagini sull'episodio, riaperte anche in seguito alle richieste dei legali della famiglia di Caccia. Domenico Belfiore, già condannato all'ergastolo per il delitto, e il suo “soldato”, Rocco Schirripa, secondo quanto è emerso dalle indagini, avrebbero atteso il magistrato a bordo di un'auto, appostati vicino alla sua casa. Belfiore, esponente di spicco della 'ndrangheta in Piemonte, avrebbe sparato a Caccia dalla vettura, ferendolo. A quel punto, secondo le accuse, Schirripa sarebbe sceso dall'auto, per finire il procuratore con un colpo di pistola alla testa.

Boccassini: il movente riconducibile alle indagini di Caccia sulla criminalità organizzata
Alla conferenza stampa hanno partecipato il procuratore di Milano facente funzioni, Pietro Forno, il capo della Dda milanese, Ilda Boccassini, il pm Marcello Tatangelo e il capo della Squadra mobile di Torino, Marco Martino. «Dopo tanti anni - ha spiegato Boccassini - è stato individuato uno degli esecutori materiali che hanno sfruttato l'unica debolezza umana di Caccia, quella di portare fuori il suo cane la sera». E ha confermato che il movente sarebbe riconducibile alle indagini coordinate da Caccia sulle attività della criminalità organizzata in Piemonte, sulla «spartizione degli affari tra Cosa Nostra e 'ndrangheta» tra Torino e Milano, culminate alcuni mesi dopo nell'arresto del boss Angelo Epaminonda. Mentre i legali dei figli di Caccia (anche grazie alla loro attività sono state riaperte le indagini), secondo Ilda Boccassini «avevano avanzato ipotesi diverse», muovendo «pesanti accuse nei confronti dei magistrati milanesi che gestirono le operazioni all'epoca».

Sull'omicidio l'inchiesta è stata condotta infatti dalla Procura di Milano, in quanto competente su reati che riguardano magistrati di Torino. Schirripa era già finito nell'elenco dei sospettati in quanto, all'epoca, era legato alla famiglia Belfiore.


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