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Cassazione, il Csm elegge Canzio

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Cassazione, il Csm elegge Canzio

  • –Donatella Stasio

ROMA

Lo chiamavano l’enfant prodige della Cassazione perché a 50 anni (era il 1995 e a quell’epoca un cinquantenne in Cassazione era considerato un giovanotto) era già componente autorevole delle Sezioni unite penali, dirigeva l’Ufficio del Massimario della suprema Corte e le sue sentenze – su cui si sono formate intere generazioni di magistrati – venivano pubblicate e commentate sulle più prestigiose riviste giuridiche, contribuendo all’evoluzione della giurisprudenza e del diritto. Dopo una parentesi di sei anni – durante i quali, lasciato il Palazzaccio, è andato a presiedere, prima la Corte d’appello dell’Aquila, e poi quella di Milano - Gianni Canzio ora torna al Palazzaccio. E ci torna dalla porta principale, come primo presidente, eletto ieri dal plenum del Csm, presieduto (come da tradizione) dal Capo dello Stato. Ci rimarrà, però, soltanto un anno, perché, pur avendo beneficiato (come altri suoi colleghi) della proroga di un anno rispetto all’età pensionabile (ridotta dal governo Renzi da 75 a 70 anni), a fine 2016 scatterà il suo collocamento a riposo (salvo ulteriori proroghe). Per un anno, quindi, siederà anche a Palazzo dei Marescialli, come componente di diritto, e in tale veste farà parte del Comitato di presidenza insieme al vicepresidente Giovanni Legnini e al Procuratore generale della Cassazione Pasquale Ciccolo.

«Profilo professionale eccellente e impareggiabile», «doti organizzative straordinarie» che gli hanno consentito di «ottenere risultati eccellenti», «uno dei più attenti cultori dell’europeismo giudiziario»... il plenum ha celebrato Canzio con le parole che merita la sua storia, riprese anche dal Presidente Sergio Mattarella, convinto che il neoeletto «darà il suo contributo e apporto, favorendo il processo di modifiche incisive che il Consiglio ha intrapreso e sta definendo per assicurare autonomia e indipendenza alla magistratura». Il riferimento è anche al processo di autoriforma avviato a Palazzo dei Marescialli in parallelo alla (temuta) riforma legislativa dell’Organo di autogoverno della magistratura allo studio del ministero della Giustizia. «Canzio rappresenta una guida autorevole e colta in una contingenza di profonda trasformazione dell’intera giurisdizione italiana e per la Corte di cassazione» ha aggiunto Legnini. Che a fine seduta, a chi gli chiedeva di replicare alle polemiche sulle presunte «ingerenze politiche» nella gestione di questa delicatissima nomina, ha risposto che «non c’è stata nessunissima ingerenza della politica» e che «ogni consigliere ha votato in autonomia senza ingerenze esterne».

Resta il fatto che la nomina di Canzio (preceduta da quella di Renato Rordorf a Presidente Aggiunto) non è avvenuta all’unanimità ma con 23 voti e tre astensioni, quelle del laico in quota M5S Alessio Zaccaria e dei togati Lucio Aschettino e Piergiorgio Morosini, entrambi di Md (confluita nel cartello Area), la medesima corrente di Canzio e di Franco Ippolito, segretario generale della Cassazione, l’altro candidato alla prima presidenza che, però, lunedì ha rinunciato alla corsa con una lettera al Csm e per il quale Mattarella ieri ha espresso «stima profonda e sentita». L’astensione è stata una presa di distanza, non già dalle indiscusse qualità di Canzio, ma dal metodo con cui si è approdati a questa scelta. «La nomina di Canzio non è in linea né con il nuovo testo unico sulla dirigenza (che con riferimento alla prima presidenza richiede di aver svolto funzioni direttive di legittimità per almeno due anni) né con un principio di fondo che dovrebbe ispirare le scelte del Csm, ossia quello di anteporre alle legittime aspirazioni professionali dei singoli le esigenze di funzionalità degli uffici - ha spiegato Aschettino, che in commissione aveva proposto Ippolito -. La nomina di Canzio per appena un anno lascerà priva di guida, per molti mesi, una delle Corti d’appello più complesse del Paese: non era questo l’intento della legge che ha prorogato l’età pensionabile di alcuni magistrati, tra i quali rientra Canzio ma non Ippolito. Quindi - ha concluso - la scelta di Canzio non è coerente con i principi e con le norme dettate nell’interesse dei cittadini». «Anch’io avrei votato per Ippolito», ha detto Morosini dopo aver sottolineato «l’altissimo livello di tutti e due i magistrati, degni entrambi del ruolo di primo presidente. Ma il Csm - ha aggiunto - deve farsi carico della funzionalità degli uffici perché questo chiede la legge di proroga. La nomina di Canzio non è quindi in sintonia con la legge e non è neanche di immediata leggibilità. Questi sono elementi che in passato hanno fatto fioccare accuse. Accuse che in futuro possono rappresentare un alibi per incursioni sulla magistratura».

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