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Blocco a Milano, quasi 100 giorni oltre i limiti

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Blocco a Milano, quasi 100 giorni oltre i limiti

Le centraline per rilevare l’inquinamento dell’aria, soprattutto le polveri fini e finissime, sono oggetto di un dibattito che dall’ambiente e la salute si è spostato alla politica. L’aria stabile del bacino padano da un mese non lascia disperdere le sostanze artificiali e naturali, che ancora per qualche giorno continueranno a concentrarsi soprattutto in alcune città di medie dimensioni. Per domani il ministero dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, ha convocato un incontro con i presidenti delle Regioni interessate: la risposta contro l’aria sporca dev’essere di sistema – dice il ministro – invece di basarsi su iniziative spontanee in ordine sparso.

Molte Regioni, come la Lombardia, hanno già una normativa antismog che si basa sulle ordinanze dei sindaci. Ma i sindaci sono messi sotto accusa perché le ordinanze antismog non sono sufficienti a ripulire l’aria e le opposizioni di ogni colore contestano l’inutilità di misure e divieti, chiedono interventi diversi e indicano soluzioni alternative. Per esempio Milano – quattro linee metropolitane, prima per diffusione del bike sharing e car sharing, mezzi pubblici efficienti – ha disposto il blocco delle automobili fino a domani (alcune centinaia le multe ai trasgressori ieri). Alle polemiche di questi giorni innescate dal segretario della Lega, Matteo Salvini – che parlato di provvedimento inutile e ha dato dell’«incapace» al sindaco di Milano «quello che ha incassato 100 milioni di euro con Area C per «migliorare la qualita' dell'aria» – il primo cittadino replica: «L'emergenza non riguarda solo Milano e nemmeno solo l’Italia. Mi chiedo se chi parla abbia un'idea di quello che succede nel mondo a causa di un inverno eccezionalmente asciutto. Ma forse è troppo impegnato a fare propaganda e ha un unico interesse: non risolvere i problemi ma guadagnare qualche voto». Anche Beppe Grillo non ha fatto mancare il suo contributo, paragonando il sindaco ad Attila e dicendo: «A Milano il sindaco e la sua giunta sono responsabili di un autentico disastro ambientale».

La vera risposta, che nessuno osa dare, è che grazie alle tecnologie di oggi (auto, caldaie e così via) e al cambiamento graduale della struttura sociale l’inquinamento delle città è in calo da decenni e l’aria appestata di oggi è un toccasana rispetto a quella che si respirava 20 o 30 anni fa. Qualunque misura si prenderà potrà ridurre appena ma non cancellare del tutto lo sporco dell’aria nel piano padano, somma della condizione climatica naturale e delle emissioni umane. Secondo la rete di monitoraggio dell’Arpa Lombardia, domenica le polveri fini (Pm10) a Milano erano fra i 57 e i 63 microgrammi per ogni metro cubo d’aria, da 33 giorni oltre il tetto di 50 microgrammi da non superare per oltre 35 giorni l’anno. Ma non è a Milano l’aria più sporca: a Busto Arsizio per esempio ci sono 126 microgrammi, a Monza 79, a Como con 72. Le città più ventilate (Lecco, Sondrio, Varese) e la Bassa più profonda (Cremona, Lodi, Mantova, Pavia) hanno l’aria assai più pulita.

Da gennaio scorso nell’area di Milano il tetto dei 50 microgrammi è stato superato per 98 giorni. Pioggia e vento hanno aiutato la pianura nel 2013 (81 giorni di sforamento) ma in precedenza l’aria era più sporca: 104 giorni di superamento nel 2012, 129 nel 2011, 145 nel 2006, 150 nel 2005 e via peggiorando a mano a mano che si arretra nel tempo.

Molte sostanze non sono prodotte dalla città e dal traffico: lo smog prodotto anche dall’agricoltura e dal traffico lontano si concentra sulla città perché ne viene attratto dall’aria più calda, che tende a salire verso l’alto richiamando aria più fredda dalle campagne. «Anche in un’area fortemente emissiva come Milano, il contributo delle sole sorgenti cittadine alle concentrazioni medie annue totali di polveri non supera il 35-40%», spiega Guido Pirovano che alla società Ricerca sul Sistema Energetico studia e modellizza l’andamento degli inquinanti. Il 60-65% degli inquinanti milanesi, in altre parole, è importato.

Secondo gli scienziati, provvedimenti locali di blocco della circolazione hanno effetti modesti e, aggiunge Pirovano, «le concentrazioni di polveri che misuriamo oggi sono figlie delle emissioni che si sono succedute nell’arco di 7-10 giorni. Un intervento come le targhe alterne, già di efficacia parziale, se adottato in misura spot e su un arco temporale troppo ridotto, risulta ancora meno efficace».

Un contributo all’inquinamento viene anche dagli impianti di riscaldamento. La legna quando brucia è una produttrice feroce di polveri fini. Nei mesi scorsi una ricerca dell’Enea (“Gli impatti energetici e ambientali dei combustibili nel settore residenziale”) ha dimostrato che in particolare la diffusione delle stufe a pellet non contribuisce all’effetto serra ma al tempo stesso aggrava l’inquinamento in modo assai rilevante, poiché le biomasse producono oltre il 99% delle emissioni di particolato delle abitazioni.