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I vertici del M5S: non sapevamo

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I vertici del M5S: non sapevamo

ROMA - Non sapevano. Di cosa stesse succedendo a Quarto, delle infiltrazioni della malavita, del consigliere pesantemente sospettato di manovrare nell’ombra, del presunto ricatto a danno della sindaca, del clima di fuoco seguìto ai primi passi dell’inchiesta, tutto in casa Cinque Stelle, il più alto livello politico del Movimento sotto Grillo e Casaleggio non era consapevole.

«La cosa che vogliamo dire in maniera molto chiara è che io e Luigi non abbiamo mai saputo di nessun ricatto, di nessuna minaccia, di nessuno scambio per ottenere qualcosa. Sono cose di cui eravamo all’oscuro completamente perché è chiaro che se lo avessimo saputo avremmo optato per una denuncia». Parla così Roberto Fico, in diretta streaming, chiamando in causa il vicepresidente della Camera Di Maio e con di fianco anche Alessandro Di Battista. È la reazione dei tre membri del direttorio alla tempesta scoppiata nel M5S per escludere ogni responsabilità indiretta. «Chi sta dicendo che io e Roberto Fico sapevamo della minaccia – incalza Di Maio – sta dicendo una falsità e sarà querelato».

Evidente che la grana rischi di causare pesanti danni in termini di immagine, avendo la creatura di Grillo fatto della moralità la propria bandiera sin dalle origini. E per questo, nel tentativo di minimizzare i danni, la linea del vertice è stata impostata sul massimo rigore con l’allontanamento di Rosa Capuozzo. Gli stessi Fico e Di Maio pubblicano sui social network le conversazioni con gli esponenti locali via Whatsapp che i giornali avrebbero strumentalizzato. «Il Pd negli ultimi anni conta indagati, rinviati a giudizio e spesso condannati a centinaia e senza contare gli uomini piazzati nelle partecipate e nelle aziende parastatali: numeri degni di un’organizzazione criminale. Un primato nazionale. Come il Pd nessuno mai» attacca dal blog Grillo.

Ma al netto della «controffensiva» lanciata dagli esponenti di punta, la base del M5S resta comunque in subbuglio. E tra gli stessi eletti pentastellati corre il malcontento: più di uno dei senatori che si sono riuniti in assemblea ha infatti apertamente criticato la gestione dall’alto della vicenda.

In coro arrivano le critiche dal resto dei partiti. Chi punta il dito contro l’assenza totale di contraddittorio come fa il dem Ernesto Carbone, chi invece sceglie l’ironia. Il presidente del Pd Matteo Orfini, bersaglio degli attacchi del M5S durante il caso Marino, va giù duro. «Grillo espelle il sindaco di Quarto perché non ha denunciato le minacce. Ma lei aveva avvertito Di Maio. Attendiamo a breve l’espulsione di Di Maio». Per Mariastella Gelmini di Forza Italia non va escluso neanche lo scioglimento del Comune. «Deve essere la magistratura a chiarire il contesto e le posizioni di ciascuno. Ma se l’infiltrazione camorristica col voto di scambio c’è stata allora le dimissioni non bastano».

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