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Il Papa e quel legame inscindibile tra cristiani ed ebrei

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l’analisi

Il Papa e quel legame inscindibile tra cristiani ed ebrei

La lezione della Shoa e' indelebile: “Ci insegna che occorre sempre massima vigilanza per poter intervenire tempestivamente in difesa della diginita' umana e della pace”. Applausi calorosi per Papa Francesco, nella visita al Tempio Maggiore di Roma, colmo di membri della comunita' e di ospiti. Il Papa saluta, abbraccia, sorride, e poi ascolta attento gli interventi che lo precedono. Nel suo lungo discorso un messaggio chiaro (e atteso): “E' inscindibile il legame che unisce cristiani ed ebrei.

I cristiani per comprendere se' stessi non posso non fare riferimento alle radici ebraiche e la Chiesa pur professando la salvezza attraverso la fede in Cristo riconosce la irrevocabilita' dell'Antica Allenza e l'amore costante e fedele di Dio verso Israele”. Parole pesate e precise, che scavano dentro il concetto dei 'fratelli maggiori' di Giovanni Paolo II pure ricordato e rilanciato e allarga lo sguardo al rapporto complesso e ormai fecondo tra le due religioni monoteiste. Di recente la Santa Sede ha varato un documento che, a 50 anni esatti dalla dichiarazione del Concilio “Nostra Aetate”, regola i registri ad alcuni aspetti teologici, e infatti e' stata accolta con favore anche in campo ebraico. Sia Giovanni Paolo II che Benedetto XVI hanno avuto verso il Popolo del Libro una grande attenzione, e anche Bergoglio ha prodotto delle novita' la cui portata sara' apprezzata nel tempo. Nel suo discorso il presidente dell'Ucei (Unione delle 21 comunita' ebraiche italiane), Renzo Gattegna, ha detto che “questa nuova era sta avendo negli anni più recenti una ulteriore accelerazione per suo merito, papa Francesco”.

E ha ricordato la Evangeli gaudium del 2013 (il cosiddetto “Manifesto del pontificato”), nella quale - ha detto - erano “contenute delle affermazioni che tante generazioni di ebrei hanno sperato di sentir pronunciare e della cui importanza non tutti si sono resi conto”. E le ha citate: “La conversione che la Chiesa chiede agli idolatri non è applicabile agli ebrei”; “Uno sguardo speciale si rivolge al Popolo ebraico, la cui Alleanza con Dio non è mai stata revocata, perché i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili”; “La Chiesa considera il Popolo dell'Alleanza e la sua fede come radice sacra della propria identità cristiana. Come cristiani non possiamo considerare l'Ebraismo come una religione estranea”; e ancora proseguiva “Dio continua ad operare nel Popolo dell'Alleanza e fa nascere tesori di saggezza che scaturiscono dal suo incontro con la Parola Divina”. E infine la più recente, che risale al dicembre 2015, attraverso la Pontificia Commissione per i Rapporti religiosi con l'Ebraismo che afferma: “Il fatto che gli ebrei abbiano parte nella salvezza di Dio è teologicamente fuori discussione”.

Per Gattegna “questo panorama innegabilmente positivo non deve indurre alcuno a interrompere il lavoro per nuovi ulteriori progressi e in particolare ritengo necessario realizzare una strategia comune che consenta un'ampia diffusione, presso tutta la popolazione, della conoscenza dei grande lavoro svolto e del consolidamento dei sentimenti di amicizia e fratellanza che fino ad oggi sono rimasti circoscritti ai vertici religiosi e culturali, mentre ancora circolano con frequenza pregiudizi e discorsi improntati a un disprezzo che ci offende e ci ferisce. In questo senso riponiamo grande fiducia nella sua capacità di parlare, di dialogare e di farsi ascoltare dalla comunità dei fedeli, oltre che dalle gerarchie ecclesiastiche”. Parole che vanno a fondo, al cuore dei problemi, che sono ancora presenti, come quelli di alcune chiese (anche a Roma) dove si prega per la conversione degli ebrei, un fatto tanto inaudito quanto lesivo della pastorale di Francesco che nei fatti ormai ha archiviato il vecchio proselitismo.

E Il Rabbino Capo Riccardo Di Segni, che pure non ha mai risparmiato di sollevare obiezioni verso la Chiesa (si ricordi il recente rilievo verso i “farisei”) ha ribadito grande intesa: “Dobbiamo insieme far sentire la nostra voce contro ogni attentato di matrice religiosa in difesa delle vittime”, ma sempre ciascuno dentro la propria identita': “Ogni sistema e' autonomo, la fede non e' oggetto di scambio e di trattativa politica”. Tutti in piedi ad applaudire quando la presidente della Comunita' di Roma, Ruth Dureghello, ha salutato i rappresentati dei deportati, in prima fila (citati poi anche dal Papa) e lo stesso per il ricordo del piccolo Stefano Gaj Tache', ucciso nell'attentato terroristico palestinese del 1982: “Il terrorismo non ha mai giustificazioni”.

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