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Dossier | N. 25 articoli17 aprile / Il referendum sulla durata delle trivellazioni in mare

Corte Costituzionale, oggi la decisione sul referendum per i permessi petroliferi in Italia

Gli italiani saranno chiamati alle urne per dire: quanto devono durare i vecchi permessi petroliferi nei nostri mari? Più nel dettaglio, oggi la Corte costituzionale ha deciso che nei prossimi mesi gli italiani si esprimeranno con un referendum sulla durata delle attività petrolifere nelle acque territoriali italiane, cioè entro le 12 miglia dalla costa (22,2 chilometri) oltre le quali poi le acque diventano internazionali. Con un rischio: se vinceranno i “no-triv”, un'abrogazione della legge potrebbe sopprimere le tutele ambientali.

Da dove nasce il referendum
Il quesito da esaminare fa parte del pacchetto di sei quesiti che erano stati proposti da dieci Regioni contro il decreto Sblocca Italia. Il decreto Sblocca Italia puntava su un maggiore sfruttamento dei giacimenti nazionali per ridurre l'import di metano e petrolio, ma lo faceva spostando una parte del potere decisionale delle Regioni. Intollerabile, per le Regioni. Dieci delle quali hanno proposto il referendum.
Tre settimane fa la Legge di Stabilità aveva accolto e trasformato in legge dello Stato le sei richieste delle Regioni, per evitare la consultazione in coincidenza con la facile presa emotiva delle campagne elettorali in occasione delle prossime votazioni amministrative.

Sopravvive un quesito su sei
Però la Corte di cassazione — che dà un primo esame dei referendum — l'altra settimana aveva ritenuto che la Legge di Stabilità soddisfacesse tutte le richieste delle Regioni tranne una, e aveva inviato alla Corte costituzionale l'ultimo e sesto quesito, l'unico sopravvissuto dei sei.
Dopo il primo esame della Cassazione, ora si è svolto quello definitivo e finale della Corte costituzionale. Con un intoppo. I giudici contituzionali hanno esaminato il quesito superstite dei sei delle Regioni e per renderlo compatibile con le norme l'hanno riscritto da capo a piedi.

Il quesito spiegato
Ecco il quesito: gli italiani vogliono abrogare l'art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”. (Divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento).

Più che un quesito è un quiz. Ed ecco la soluzione.
Il divieto di fare attività petrolifere nelle acque nazionali non può valere per le autorizzazioni già date ma la Legge di Stabilità aveva esentato dal divieto i permessi per tutta la durata utile del giacimento. Un dettaglio, la vita utile del giacimento, che piaceva alle compagnie petrolifere e infastidiva i comitati nimby contrari allo sfruttamento delle risorse nazionali. La durata di un giacimento cambia con l'evoluzione delle tecnologie di estrazione, le quali con investimenti appropriati possono far durare a lungo il giacimento.
Quindi, il parere che sarà chiesto agli italiani attraverso le urne è, espresso con termini semplici: le 106 piattaforme già presenti nei nostri mari potranno essere potenziate per continuare a estrarre metano e petrolio anche in futuro?

Il dietrofront abruzzese
Le Regioni nimby tentennano. L'Abruzzo, ma non è la sola Regione, per esempio giorni fa ha scritto alla Corte costituzionale per chiederle di «dichiarare la cessazione del contendere», cioè di rinunciare al referendum. Il braccio di ferro fra il potere regionale e il potere centrale si è risolto con il cedimento del Governo e la Legge di Stabilità, l'aspetto politico che stava a cuore a diversi presidenti regionali.

Polemiche sulle Tremiti
Il punto più contestato in questi giorni è il permesso di cercare giacimenti in acque internazionali in Adriatico al largo del Molise e delle isole Tremiti concesso dal ministero dello Sviluppo economico alla compagnia petrolifera irlandese Petroceltic. I comitati nimby, ma anche voci della cultura e della politica, hanno contestato il via libera alla compagnia, la quale per poi svolgere fra qualche anno le prospezioni geologiche dovrà fare un'apposita richiesta da sottoporre anche alla valutazione ambientale Via del ministero dell'Ambiente. Secondo i comitati nimby l'area dove in futuro svolgere le prospezioni geologiche sono a ridosso del paradiso naturale delle Tremiti, e il ministero dello Sviluppo economico ha replicato che le polemiche “sono basate sul nulla perché l'area in cui si svilupperà la ricerca geofisica in programma è interamente oltre le 12 miglia sia dalla costa che dalla zona di rispetto delle isole”.

Il paradosso ambientale
Ma il referendum, se gli italiani votassero contro l'uso dei giacimenti nazionali, potrebbe avere per paradosso un effetto di accrescere quel rischio ambientale che i comitati nimby vogliono evitare. Lo afferma l'Avvocatura dello Stato, secondo la quale nella riformulazione del quesito referendario operato dalla Cassazione non si tiene conto dell'inciso inserito nella legge di Stabilità su “rispetto degli standard di sicurezza e salvaguardia ambientali” e in caso di accoglimento, i profili ambientali “verrebbero paradossalmente travolti dall'esito referendario”.
In una memoria, l'Avvocatura avverte che il quesito sopprime anche le norme sulla sicurezza ambientale, che un voto nimby cancellerebbe.
Rassicurante il ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti: «Invito tutti a partire dalle norme che oggi regolano le trivellazioni. Oggi le trivellazioni in Italia sono vietate entro le 12 miglia, quindi stiamo parlando di trivellazioni a largo che non hanno impatto sul turismo», ha detto a Rovigo a margine di un incontro sul Delta del Po. «Abbiamo gli standard di sicurezza più elevati in Europa, abbiamo procedure per il rilascio delle autorizzazioni fra le più rigorose al mondo, noi abbiamo applicato tutti gli standard europei che si rifanno al principio di precauzione, quindi il problema oggi non c'è».

No-triv anche la Chiesa piemontese
Fra i comitati nimby contro l'uso di petrolio nazionale si schiera perfino la Chiesa cattolica piemontese. L'Ufficio piemontese pastorale sociale e del lavoro esprime soddisfazione per il no dato dalla Regione Piemonte alla richiesta dell'Eni di esplorare il sottosuolo fra Novarese e Vercellese nella zona di Carisio, dove negli ultimi decenni sono stati trovati numerosi e importanti giacimenti di petrolio.

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