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Soluzioni vere non pretesti

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banche, sofferenzeEuropa e italia

Soluzioni vere non pretesti

Se le banche italiane oggi affondano in Borsa e se dal 2011 hanno ridotto i prestiti all'economia reale di oltre 100 miliardi, il motivo di fondo è principalmente uno: nessuno ha mai risolto il problema dei crediti deteriorati. Non l'hanno fatto i Governi che si sono succeduti negli ultimi anni, non l'ha permesso l'Europa che anzi (chissà per quali interessi) continua ad ostacolare il tentativo di creare una vera ed efficace «bad bank». Per troppi anni la polvere delle banche italiane (cioè i crediti deteriorati) è stata nascosta sotto i tappeti dei bilanci: così oggi ci troviamo nel 2016, anno in cui entra in vigore la normativa sul bail in, con un sistema creditizio ancora fragile e con la Bce che prepara nuovi «esami». Per questo serve una svolta vera, che consideri la specificità di un sistema bancario esposto su un Paese appena uscito da una lunga recessione. Oltre a metterlo sotto esame, il sistema italiano andrebbe aiutato a risolvere il suo problema.

Gli anni di crisi hanno infatti bruciato in Italia quasi 10 punti di Pil e un quarto della produzione industriale: questo, unito ad alcuni casi di malagestio, ha quasi quintuplicato i crediti in sofferenza nei bilanci bancari. A fine 2008 in Italia ammontavano a 41,3 miliardi di euro, mentre oggi superano i 200 miliardi lordi. Includendo tutti i crediti deteriorati, il fardello complessivo è pari a circa 350 miliardi. È vero che dal 2008 le banche italiane hanno rafforzato il capitale di oltre 50 miliardi di euro (dati Bankitalia), ma è anche vero che questa mole di crediti infetti espone gli istituti a potenziali nuove perdite in grado di erodere ulteriormente il loro patrimonio. Per questo la Borsa è tesa: perché teme che, in un contesto economico fragile e in vista dei nuovi esami sui crediti da parte della Bce, possano emergere altre perdite nei bilanci.

Questo deterioramento dei bilanci bancari è stato arginato per anni in due modi. Da un lato è stato consentito alle banche italiane di svalutare con lentezza i crediti man mano che si deterioravano: questo ha fatto emergere tardi, e probabilmente ancora non del tutto, le perdite. Dall'altro la Bce ha imposto aumenti di capitale e contemporaneamente ha foraggiato le banche con liquidità a basso costo (con cui queste ultime hanno in parte comprato BTp per tenere alti i ricavi). Ma mentre gli altri Governi hanno salvato i loro istituti creditizi con soldi cash (la Germania ha tutt'ora 238 miliardi di euro di aiuti pubblici), in Italia il problema dei crediti malati non è mai stato affrontato in maniera organica. Ecco perché bisogna farlo oggi. Smaltire questo fardello dai bilanci delle banche, permettendo agli investitori specializzati di acquistarli, significa permettere agli istituti di erogare più credito a famiglie e imprese. Vuol dire aiutare indirettamente le migliaia di Pmi che in Italia producono l'80% dei nuovi posti di lavoro.

Invece gli ostacoli in Europa sono ancora tanti. Da un lato Bruxelles continua a frenare forme vere di sostegno allo smobilizzo di crediti deteriorati, favorendo solo quelle più «leggere» e dunque meno efficaci o addirittura controproducenti. Dall'altro la Bce si prepara a mettere ancora sotto «stress» i bilanci delle banche, proprio sul fronte dei crediti in sofferenza. Infine si fa sempre più largo in Europa l'idea che presto o tardi anche i titoli di Stato vadano considerati rischiosi e che - dunque - le banche debbano dotarsi di capitale per tenerli in bilancio. Solo quest'ultima tegola, secondo i calcoli di Antonio Guglielmi di Mediobanca, rischia di erodere 60 punti base di capitale dagli istituti italiani. Sebbene tutto questo abbia un senso, in un sistema bancario come quello italiano di oggi rischia di esasperare i problemi.

È vero che la colpa di questa situazione è in parte da cercare nella politica italiana, che per anni ha evitato di affrontare il problema dei crediti in sofferenza (anche per via di un bilancio pubblico che non ha mai permesso grandi manovre). Ma ora che il Governo italiano si muove, l'Europa si mette contro. È vero anche che eliminare i crediti malati dalle banche non risolverebbe magicamente tutti i problemi di un Paese che ha imprese cronicamente sottocapitalizzate. Ma aiuterebbe un po' l'economia, dopo anni di crisi. È finito il tempo in cui bastava sopravvalutare i crediti deteriorati in bilancio per tirare a campare: è arrivata l'ora di prendere il toro per le corna. Nell'interesse dell'Italia. E dell'Europa. Se non si trova la quadra in maniera efficace, pur nel rispetto delle normative Ue, allora è legittimo sospettare che a Bruxelles non ci sia la volontà di risolvere davvero il problema.
m.longo@ilsole24ore.com

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