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Unioni civili, il Pd prova a ricucire le divisioni

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Unioni civili, il Pd prova a ricucire le divisioni

  • –Barbara Fiammeri

roma

Per tentare l’ultima mediazione c’è tempo fino a venerdì, quando scadrà il termine per la presentazione degli emendamenti sul ddl per le unioni civili. L’assemblea ieri dei senatori del Pd è servita ad ammorbidire i toni tra l’area dei cattolici dissidenti e il resto del gruppo, che tornerà a riunirsi martedì per l’indicazione finale sul provvedimento. Il nodo principale resta la stepchild adoption, la possibilità di adottare il figlio naturale del compagno/a, su cui non si registrano passi avanti.

Oggi però l’attenzione a Palazzo Madama sarà tutta concentrata sulla riforma costituzionale ormai giunta al rush finale. Il via libera del Senato è dato per scontato e arriverà in serata. Il tentativo delle opposizioni, in particolare di M5s, Lega e Sel di ritardarne l’approvazione moltiplicando gli interventi in Commissione non ha avuto successo e nel pomeriggio, dopo la non stop notturna ieri in Affari costituzionali, il testo del ddl arriverà in aula senza relatore. Per il via libera sarà necessaria la maggioranza assoluta dei componenti del Senato e quindi almeno 161 voti. Un quorum alto, tenuto conto dell’uscita dalla maggioranza di 4 senatori di Ncd (Quagliariello, Augello, Giovanardi, Compagna), dell’assenza di 4 senatori a vita e della contrarietà alla riforma espressa dai dem Tocci e Casson e dall’ex Pd Mineo. Per raggiungere il quorum potrebbero quindi risultare decisivi i voti dei 17 senatori di Denis Verdini (Ala) e degli eventuali dissenzienti di Fi. Al momento è questa l’unica alea sull’esito del voto. Nessuno, neppure nell’opposizione, ne mette in dubbio l’approvazione che sarà definitiva con il sì in seconda lettura della Camera (non prima di marzo). Dopodichè la parola passerà ai cittadini che saranno chiamati a pronunciarsi presumibilmente in autunno.

Un referendum che sarà decisivo anche per il governo visto che Matteo Renzi ha già anticipato che in caso di bocciatura lascerà Palazzo Chigi. Fi, Lega e FdI questa mattina terranno una conferenza stampa per presentare il Comitato referendario del «no» alla riforma.

Assai meno scontato il destino del ddl sulle unioni civili, che approderà in aula la prossima settimana, a pochi giorni dal family day di sabato 30. Il dissenso dell’ala cattolica Pd resta ma nella riunione di ieri a Palazzo Madama entrambi i fronti hanno manifestato l’intenzione di tentare fino all’ultimo la mediazione. Il presidente dei senatori dem Luigi Zanda ha spiegato che non ci saranno emendamenti del gruppo ma dei singoli senatori, confermando anche la libertà di coscienza. I pontieri sono al lavoro anche perché nel Pd non si fidano del sostegno al ddl Cirinnà annunciato dal M5s, che, anche grazie al voto segreto, potrebbe non resistere alla tentazione dello sgambetto a Renzi il quale, pur avendo tenuto volutamente fuori il governo, ha esplicitamente espresso la sua posizione a favore. Al centro del muro contro muro tra laici e cattolici l’articolo 5, con la contestata norma sulla stepchild adoption, ma anche gli articoli 2, 3 e 4 che regolano i diritti e i doveri delle coppie omosessuali. Zanda invita alla «responsabilità» e alla «prudenza» nella formulazione degli emendamenti. C’è ottimismo sulla possibilità di «migliorare» il testo marcando le differenze tra unioni e matrimonio venendo così incontro anche alle richieste di costituzionalisti e del Quirinale. Assai meno sulla stepchiald adoption: anche l’ipotesi del cosiddetto “foglio rosa” sembra difficilmente praticabile. E ai cattolici non sembra basti un rafforzamento dell’articolato per ribadire il divieto di ricorrere all’utero in affitto.

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