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Commissioni e Verdini, scontro nel Pd

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Commissioni e Verdini, scontro nel Pd

  • –Emilia Patta

ROMA

Il gruppo Ala di Verdini ora fa parte della maggioranza? «No». Ma le riforme costituzionali sono passate grazie ai verdiniani e ai tosiani. «È normale che sulle riforme costituzionali ci siano maggioranze diverse, è sempre stato così. Ogni volta che votiamo le riforme ci sono maggioranza diverse. Io so solo che in 180 senatori hanno votato in favore dell’abolizione del Senato, autoriformandosi, con un voto in più rispetto allo scorso ottobre». Matteo Renzi va nello studio di Bruno Vespa per registrare la puntata serale di Porta a porta dopo una giornata intensa: la mattina la conferenza stampa a Palazzo Chigi sui decreti attuativi della riforma Madia della Pa, con tanto di norma per licenziare entro 48 ore i lavoratori pubblici che timbrano per poi tornarsene a casa; poi a Losanna per la visita al Cio, dal presidente Thomas Bach, per fare il punto sulla candidatura della Capitale ai Giochi olimpici del 2024. E la polemica nel frattempo scoppiata sulle tre vicepresidenze delle commissioni andate in Senato al nuovo gruppo dei verdiniani, che la minoranza del Pd teme sia una ricompensa per l’ingresso di fatto in maggioranza dopo il via libera al Ddl Boschi, lo vede molto distante. «So che al gruppo di Verdini non è andata alcuna presidenza, che spetta alla maggioranza. So che è stato confermato quello di Forza Italia, Altero Matteoli. Quante vicepresidenze e a chi? francamente non lo so. Non mi appassiono».

Minimizzare, insomma. Anche perché le vicepresidenze spettano normalmente all’opposizione, e che qualcuna sarebbe andata al nuovo gruppo verdiniano si sapeva già da giorni. Certo, le nomine sono state trattate con la maggioranza e non con le opposizioni. Dal momento che Forza Italia e Movimento 5 stelle hanno fatto asse per escludere la nuova formazione Ala dalle nomine - si spiega - il Pd si è fatto carico della questione. Tutto qui? Da Fi e M5S si grida al «mercimonio» e ai «voti in cambio di poltrone». E anche la minoranza dem non è tenera: «Forse è il caso che Renzi ci dica se esiste una nuova maggioranza politica che sostiene il governo e che comprende anche Verdini. Se è così si deve aprire un dibattito pubblico e in Parlamento», avverte il leader della sinistra interna Roberto Speranza proprio alla vigilia del direzione del Pd, convocata per oggi pomeriggio con all’ordine del giorno il tema delle amministrative, e quindi delle alleanze nelle città, e delle unioni civili.

Eppure la giornata di ieri del Pd in Parlamento, caso Verdini a parte, non è stata esaltante. Prima il governo che va sotto alla Camera, con voto segreto, su un emendamento di Fi al Ddl sull’omicidio stradale facendo ritornare il testo in Senato. Poi il “ribaltone” a Palazzo Madama al momento della votazione per il presidente della commissione Lavoro: invece di votare per l’esponente delle Autonomie indicato dalla maggioranza, almeno tre senatori del Pd hanno voluto fare lo sgambetto per protesta (la presidenza inizialmente era stata promessa proprio al Pd) confermando Arturo Matteoli di Fi. In entrambi i casi segnali di malessere, indipendenti dalle correnti, tutti interni al Pd. Oggi la direzione, con il vice Lorenzo Guerini che può portare a casa almeno la riapertura del dialogo tra Pd e Sel a Roma, dialogo da sempre sollecito dalla minoranza: il candidato di Si-Sel Stefano Fassina, ex Pd, potrebbe partecipare alle primarie di coalizione contro il renziano Roberto Giachetti. Un vertice tra il commissario romano nonché presidente del Pd Matteo Orfini e il responsabile romano di Sel Paolo Cento scioglierà il nodo la prossima settimana.

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