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Referendum, Renzi: c’è un’alleanza per lasciare le…

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la direzione nazionale del pd

Referendum, Renzi: c’è un’alleanza per lasciare le cose come stanno

«Se il referendum» sulle riforme «andrà in un certo modo, non ci sono ragioni per non immaginare che la legislatura arrivi alla scadenza naturale del 2018. Una scommessa cui non tutti credevano in questa sala a febbraio 2014 quando abbiamo deciso di far fare un salto di qualità all'azione del Pd». Giornata dedicata al partito per il premier-segretario Matteo Renzi, che ha aperto i lavori della Direzione nazionale a largo del Nazareno con un intervento incentrato sul prossimo referendum sul Ddl Boschi, senza dimenticare lo scontro Roma-Bruxelles e le spine delle unioni civili.

Il referendum «non è un plebiscito»
Dopo aver confermato l’orizzonte temporale della sua permanenza a palazzo Chigi, Renzi ha ironizzato sulla campagna referendaria, che si preannuncia infuocata. Il premier ha ricordato che i comitati per il no alla riforma costituzionale si preannunciano «una variegata allenza» che metterà insieme forze politiche assai disomogenee «per tentare di mantenere le cose come stanno». Una eventuale sconfitta al referendum , ha poi aggiunto Renzi spiegando le ragioni per cui ha legato il suo futuro politico all’esito della consultazione, non si può affrontare dicendo «ho non-vinto»: «Questo non è un tentativo di plebiscito ma etica della responsabilità». In altre parole, «non sarà un plebiscito ma divide tra sì e no, sarà la prima volta in cui Berlusconi e Magistratura democratica stanno insieme, in cui un variegato fronte del no vorrà la conservazione, unendo realtà molto diverse tra loro».

Primarie Pd il 6 marzo, a Roma «si puo’ vincere»
Nel suo discorso, Renzi parla anche delle Amministrative, tema politicamente molto delicato per le incertezze sui candidati in molti Comuni e per la partita delle primarie, che a sinistra si preannunciano come sempre non facili. La data prescelta è quella del 6 marzo «nella stragrande maggioranza dei Comuni», e le regole saranno quelle di sempre: «O si cambiano molto prima, o non si cambiano, perché è insopportabile volerle cambiare all'ultimo», ha chiarito il segretario. Il capitolo primarie si chiude con un cenno alla sfida per la guida della Capitale, «certamente difficile, dopo quello che è successo», ma Renzi è comunque certo che «a Roma si puo’ vincere».

«Ideale Ue si sta spappolando, occorre innalzare il dibattito»
Nel passaggio iniziale, il premier si è concentrato invece sulle polemiche a distanza tra Roma e Bruxelles . L’Europa, ha spiegato, «è in una fase di crisi profonda, si mette in discussione Schengen, e si assiste a uno spappolamento dell'ideale di Ue»: in un momento come questo «l'idea che si dedichi attenzione al dibattito provocato dal capo di gabinetto del presidente» o quanto l'Italia chieda «più o meno in termini di flessibilità, è segno che dobbiamo innalzare dibattito».

Battaglia su flessibilità non è obiettivo dell’Italia ma esigenza europea
In Europa gli altri Paesi non fanno «le belle statuine» e quindi anche l'Italia deve avere un atteggiamento battagliero, ha spiegato Renzi all’assemblea. La priorità è «raccontare meglio» il grande lavoro fatto per cambiare la prospettiva: «Non c'è Europa in cui si rinunci all'interesse nazionale, all'egoismo sì, ma non all'interesse, elemento costitutivo dell'identità europeo, in una logica di sintesi». In questo quadro, il pressing di Roma per allargare i margini di flessibilità nelle politiche di bilancio «non è un nostro obiettivo ma lo strumento già condiviso per arrivare alla crescita, non è una richiesta italiana ma una esigenza europea». «Se siamo in grado di fare questa battaglia - ha insistito Renzi - la legislatura europea avrà un significato o avrà perso quella carica di innovazione su cui abbiamo scommesso votando Juncker».

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