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Al lavoro sei un decisionista o preferisci prendere tempo? - Scopri il tuo profilo e che cosa conviene per essere più creativi

Il procrastinare, la tendenza a rinviare e rimandare impegni e incombenze, finora è stato considerato un difetto nel mondo del lavoro. Non è così. Pare che il posticipare le decisioni giovi alla creatività e al risultato finale. E' quel che sostiene il professor Adam Grant, docente di management e psicologia alla “Wharton School” presso l'Università della Pennsylvania, diventato con largo “anticipo” uno dei più giovani cattedratici americani. Di recente ha posto la questione in questi termini, sul “New York Times” : «Procrastinare un lavoro è considerato un vizio che limita la produttività; ma ho imparato che è invece una virtù che favorisce la creatività». Da accademico di «psicologia comportamentale», Grant si è avvalso dell'osservazione statistica delle abitudini quotidiane in Università: «Più dell'80% degli studenti sono affetti dal virus del rimandare, della procrastinazione, fino a ridursi a lunghe veglie notturne per preparare gli esami. Ed anche circa il 20% degli adulti sono “procrastinatori” cronici».

Il professore è un anticipatore pentito diventato «procrastinatore» convinto, dopo avere realizzato col tempo che a tirarla per le lunghe, anche a costo di ridursi all'ultimo momento ma nel rispetto dei tempi a disposizione, torna utile alla creatività. Osservando i suoi allievi apparentemente inattivi, si è chiesto ed ha domandato loro perché la tirassero sempre in lungo. «Perché così c'è più spazio per riflettere, per ripensare le cose, c'è più creatività», è stata la risposta ricorrente.
Dopo una serie di verifiche Grant è giunto a una duplice conclusione. Che la fretta di concludere il più in fretta possibile nasconda l'ansia di semplificare a scapito della complessità. Invece, al contrario, lasciare in sospeso un lavoro, per esempio, consente di rivedere le proprie convinzioni e migliorare il risultato finale. L'articolo in sostanza riprende delle tesi formulate in suo libro illuminante al riguardo: “Più dai più hai” (Sperling Kupfer ed.). Secondo Grant esistono tre profili umani a cui corrispondono altrettanti stili di azione:
1) il giver, colui che antepone il dare al ricevere;
2) il matcher, colui che, nel rapporto dare-avere punta al pareggio;
3)E il taker, colui che prende e basta.

Dalla comparazione da questi tre profili emerge che sul lavoro di solito è proprio il giver a prevalere, quello che antepone il dare al ricevere, mentre il taker è il soccombente.
In definitiva, crediamo che il professor Grant oltre ad essere stato da giovane un buon tuffatore, sia stato anche un attento cultore dei Beatles e dei loro ultimi album. Nell'ultimo disco inciso dai fab-four in studio, “Abbey Road”, c'è infatti il brano “The End “ che è quasi un inno dell'approccio da giver: “E alla fine/ l'amore che prendi/ è quanto quello che dai/”. E sempre per restare sui Beatles, il loro album conclusivo “Let it be” venne procrastinato nella pubblicazione perché i dissapori interni ostacolavano la creatività. Se lo hanno detto e fatto i Beatles, un fenomeno di successo tra i più creativi e prolifici del Novecento, c'è da crederci che è un metodo che funziona.

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