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Maggioranza a quota 178, convergono Fi-M5S

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Maggioranza a quota 178, convergono Fi-M5S

  • –Mariolina Sesto

ROMA

Dopo la prova “mozione di sfiducia”, la maggioranza di governo al Senato appare stabilmente assestata sui 180 voti. Ieri sono stati 178, il 20 gennaio al voto sulle riforme costituzionali erano stati 180.

A sostenere il governo sono i 112 senatori del Pd, i 32 centristi di Ap i 20 delle Autonomie e i 21 “soccorritori”: 18 di Ala (i verdiniani) e tre senatrici “tosiane” di Fare!.

C’è da dire che ieri non era necessaria la maggioranza assoluta che al Senato è pari a 161 voti. Bastava la maggioranza semplice dei presenti che era pari a 141 voti. E dunque i 160 voti della maggioranza, al netto dei soccorsi esterni di Ala e Fare, erano sufficienti a centrare il risultato. Ma nel caso di votazioni in cui è necessaria la maggioranza assoluta i voti degli altri due partiti si confermano fondamentali.

In particolare, ieri i voti della maggioranza sono stati appunto 160, ai quali si sono aggiunti 16 esponenti di Ala e 2 di Fare, il gruppo che fa riferimento a Flavio Tosi: in totale dunque i voti contrari alla mozione di sfiducia sono stati 178.

Ma come si è presentata l’opposizione? I 101 voti in favore della prima mozione di sfiducia, quella presentata da Forza Italia e Lega Nord, sono venuti dai 41 senatori di Forza Italia, dai 12 della Lega, dai 10 fittiani di Conservatori e riformisti dai 4 di Idea (il gruppetto di Quagliariello), da qualche senatore di Gal e dall’apporto dei Cinque stelle che hanno evidentemente sostenuto la mozione del centrodestra. Tanto più che in Aula si sono notate vistose assenze nei gruppi di opposizione. L’anomala convergenza delle “due opposizioni” non è sfuggita alla severa critica del capogruppo Pd Luigi Zanda: «Mi sono domandato quali possano essere le ragioni che negli ultimi tempi hanno spinto gruppi di opposizione, tra loro diversi in tutto, a stringere di fatto un accordo di collaborazione e marciare uniti ben al di là di queste mozioni di sfiducia».

Altro dato emerso nella votazione di ieri i numerosi assenti nel gruppo di Forza Italia (presenti in 33 su un totale di 41, quindi ben 8 assenti). Non ha meravigliato il non voto di Barnabò Bocca o Riccardo Villari, che avevano votato con il governo già in occasione del via libera alla riforma del Senato, ma quelle di parlamentari come Niccolò Ghedini o Nitto Palma, presenti nel Palazzo, hanno colpito. Secondo quanto spiegano alcuni forzisti, i due senatori non avrebbero voluto votare in polemica con il fatto che per scrivere la mozione di sfiducia si siano copiati dei «virgolettati da Il Fatto Quotidiano» (accusa mossa dallo stesso premier nel suo discorso). Assenti anche Domenico De Siano, Claudio Fazzone, Francesco Maria Giro, Giovanni Piccoli. E vuoti si sono notati negli altri gruppi di centrodestra (Lega, Gal, Conservatori), M5s e Sel. Visto l’andamento del primo voto, nella chiama sulla mozione di M5s, i numeri si sono abbassati da ambo le parti, ma soprattutto nelle opposizioni. La sfiducia ha ottenuto così solo 84 voti, mentre contro (e a favore del governo, quindi) si sono espressi 176 senatori.

Tra gli assenti accertati anche due esponenti di Ala: Adele Gambaro e Giuseppe Ruvolo. Nella maggioranza oltre a Carlo Azeglio Ciampi e Renzo Piano che non votano mai, non hanno votato Gabriele Albertini (Ap), Paolo Bonaiuti (Ap), Elena Cattaneo (Aut), Giorgio Tonini (Pd) e Sergio Zavoli (Pd), entrambi con problemi di salute, e Renato Guerino Turano (Pd).

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