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Unioni civili, Pd avanti tutta: conta nel voto segreto

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Politica

Unioni civili, Pd avanti tutta: conta nel voto segreto

La linea la detta Palazzo Chigi, dopo il consueto vertice tra il premier segretario Matteo Renzi, la ministra Maria Elena Boschi e i capigruppo Ettore Rosato e Luigi Zanda: la stepchild adoption non si stralcia. Ma il pressing dei centristi alleati di governo si intensifica. E alla vigilia del voto sugli emendamenti il Pd procede con la conta dei numeri a Palazzo Madama sul ddl sulle unioni civili, consapevole che nessuna ipoteca può essere messa sull’articolo 5 in materia di adozioni. Sarà l’Aula a decidere, quasi sicuramente con voto segreto.

«Si lavora per una maggioranza parlamentare che approvi il testo», conferma Rosato. «La nostra posizione non cambia da settimane. Le decisioni dei Cinque Stelle non hanno modificato niente: sono inaffidabili e tali restano». Pesa la libertà di coscienza lasciata ai parlamentari con il post di sabato sul blog di Beppe Grillo. Che ieri, dopo la rivolta della base sui social, con un nuovo intervento è stato costretto a precisare: la votazione on line del 28 ottobre 2014 era fondata su un quesito che non conteneva «espliciti e diretti riferimenti alla stepchild adoption né le spiegazioni necessarie per esprimere un voto consapevole su un tema tanto complesso e delicato». Per questo «Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio, in qualità di garanti del Movimento, si sono assunti la responsabilità di rinunciare a un’ulteriore votazione sul blog e di lasciare ai portavoce la libertà di decidere secondo coscienza». Un chiarimento volto anche a dileguare le nubi sul vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, componente del direttorio e da molti indicato come la “manina” che ha innescato il dietrofront.

Sgonfiare le tensioni è stato l’obiettivo della giornata di ieri. Nessuna nuova polemica da parte dei senatori pentastellati contro la libertà di coscienza, ma la maggioranza conferma che voterà anche la stepchild. «La sensibilità dei senatori è quasi tutta orientata a votare sì alla stepchild», esplicita Alberto Airola. Gli fa eco Maurizio Buccarella, vicepresidente della commissione Giustizia, che ha seguito da vicino il lavoro sul ddl: «Voteremo la legge anche in ossequio alla volontà dei nostri iscritti». In cifre, dei 35 senatori pentastellati due non voteranno perché sono in maternità, altri 28 (numero più numero meno) assicurano comunque il loro sostegno.

Il lavoro sugli emendamenti nel frattempo non si è concluso. Il Pd ha tenuto una riunione operativa per capire come sfoltire le proposte di modifica e unire le forze: resterà probabilmente in pista l’emendamento dei cattodem sull’affido rafforzato al posto della stepchild, ma si lavora per trovare una maggioranza sulla proposta Lumia, che elimina ogni automatismo per l’adozione e rafforza il ruolo del giudice dei minori. Il partito, che al Senato conta 112 parlamentari, è convinto che alla fine sui 30 cattolici almeno dieci voteranno a favore. In soccorso dovrebbero arrivare inoltre 15 verdiniani di Ala su 19, i 6 senatori di Sel insieme agli ex M5S che siedono nel Misto, i 20 delle Autonomie e qualche “dissidente” da Fi e da Area popolare.

Ma la partita si giocherà sul filo dei 161 voti necessari. Domani mattina l’ufficio di presidenza dem a Palazzo Madama dirà l’ultima parola sugli emendamenti. Per dare sostanza al patto siglato dai capigruppo (via il grosso dei 6mila emendamenti in cambio del ritiro del “canguro” targato Pd) la Lega deve procedere a ritirare il 90% delle sue 5mila proposte. Il capogruppo Gian Marco Centinaio è determinato a rispettare il patto, ma deve superare i malumori di Roberto Calderoli che chiede rassicurazioni informali al presidente del Senato Pietro Grasso sull’ammissibilità degli emendamenti residui.

E sarà Grasso ad avere l’ultima parola sui voti segreti. Il Pd spera che siano limitati a 10-15. Ma dopo il “no” allo stralcio della stepchild adoption - richiesto anche ieri dalla ministra Beatrice Lorenzin e da Giampiero D’Alia - sono gli alfaniani, per bocca del capogruppo Renato Schifani, a fare la voce grossa: «I voti segreti diventano sempre più necessari». Si potrebbe cominciare già mercoledì su un un emendamento Ap-Idea-Fi-Lega che blocca il passaggio al voto sugli articoli. «Renzi rischia di rimanere con il cerino in mano», osserva l’azzurra Deborah Bergamini. Ma l’ipotesi più probabile, e i dem lo sanno, è che la legge passi senza l’articolo 5. Per il premier, sarebbe comunque una vittoria.

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