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Il digitale a scuola / Le opportunità

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Attualità

Il digitale a scuola / Le opportunità

“Se la scuola rimane lontana dalla tecnologia che i ragazzi utilizzano quotidianamente per comunicare perde una grande occasione per ridurre le distanze e diventare credibile”. A parlare è Paolo De Nadai, cofondatore di ScuolaZoo, che di scuola vissuta ne sa qualcosa visto che ogni giorno è in contatto con due milioni e mezzo di studenti attraverso il sito e i social network connessi: “Se invece il docente riesce a utilizzare tablet e smartphone per insegnare, conquista immediatamente i ragazzi”.

“C’è una schizofrenia di fondo - aggiunge Paolo Giovine, presidente e cofondatore di Pubcoder, startup per la gestione dei contenuti digitali -: fuori dalle aule i ragazzi fanno tutto quello che non possono fare a scuola con gli strumenti digitali, poi rientrano il giorno dopo a scuola e spengono il mondo esterno”.

Ed è questo probabilmente il fattore principale che porta a considerare che il digitale non possa essere lasciato fuori dalle mura scolastiche: i giovani sono ormai abituati a utilizzare internet e i social network per informarsi, divertirsi, relazionarsi con i coetanei e con il mondo esterno. Si ritrovano in tasca cellulari che sono veri e propri computer che potenzialmente aprono le porte all'intero sapere umano: non si può prescindere da questo quando si pensa all'istruzione del XXI secolo. E devono imparare a utilizzare in maniera proficua quell'enorme massa di informazioni che hanno a disposizione e, ancora di più, a diventare più intelligenti dei loro smartphone.

Ci sono così docenti che utilizzano il cellulare degli studenti come sensore o come strumento di analisi scientifica: Alfonso D'Ambrosio, a Monselice, nel padovano, li usa per misurare la radioattività o per studiare le leggi dell'oscillazione o per introdurre i principi della fisica moderna studiando i raggi cosmici. Abituati a utilizzare lo smartphone per giocare o per semplice divertimento, scoprono che può diventare un microscopio o un potente telescopio.

C'è anche chi propone di sostituire quella che era l'educazione civica con l'educazione alla cittadinanza digitale, perché questa è la vera realtà in cui vivono quotidianamente i ragazzi. Ma in cui spesso non sono ancora pronti a muoversi consapevolmente: “E' necessario che la scuola utilizzi il digitale in modo da riequilibrare gli utilizzi a favore di un uso nobile e consapevole”, afferma Silvano Tagliagambe, filosofo della scienza appassionato di tecnologia in chiave didattica.

Non c'è dubbio comunque che la tecnologia oggi offra potenzialità sconosciute fino a ieri. Roberto Maragliano, docente di Tecnologie dell'istruzione, prova a elencarle: “Obbliga i docenti a mettersi in gioco e ridiscutere cosa e come insegnare; permette di cambiare la qualità dei contenuti, soprattutto nella primaria, dove l'apprendimento è ancora improntato alla spontaneità; cambia le modalità di presentazione; ma soprattutto offre la possibilità di integrare linguaggi diversi: non solo lo scritto, ma anche l'audio, l'immagine e il video, replicando la complessità della realtà”.
Le possibilità di applicazione sono tutte da scoprire. Per esempio Twletteratura inventa la lettura collettiva dei capolavori della letteratura utilizzando i 140 caratteri di Twitter, ma alcune insegnanti di scuola primaria hanno avviato una sperimentazione in cui lo scambio di “cinguettii” diventa fisico e permette di rimescolare i vari personaggi delle fiabe per dare vita a nuovi intrecci fiabeschi.

Dianora Bardi, pioniera dell'uso del digitale a scuola, ha subito introdotto i tablet in classe per rivoluzionare la programmazione creando i testi collettivamente con gli studenti e ora ha inventato la “classe scomposta” in cui tra carta, internet e cloud gli studenti possono muoversi liberamente per costruire ciascuno il proprio percorso di apprendimento.
In effetti uno dei vantaggi che la tecnologia mette a disposizione dei docenti è la flessibilità rispetto alla rigidità del tradizionale programma basato sul cartaceo, permettendo l'opportunità di una sempre maggior personalizzazione del programma educativo. Così, per esempio, la “flipped classroom” rovescia la lezione, nel senso che prima i ragazzi vengono introdotti alla singola lezione e in classe, successivamente, sciolgono i dubbi sulle cose non capite.
Ma ancora più evidente, e in gran parte da esplorare, è l'applicazione del digitale per i ragazzi che soffrono di disturbi dell'apprendimento, come dislessia o disgrafia, che necessitano di programmi appositi, o ancor di più i cosiddetti bisogni educativi speciali, che ancora di più hanno bisogno di apporti personalizzati.
Senza contare che, forse per la prima volta nella storia, i ragazzi arrivano a scuola con una competenza che i loro docenti generalmente non hanno: se ben utilizzata, questa competenza può trasformarsi in strumento di motivazione e coinvolgimento. Proprio quando il rischio sembra, al contrario, una distanza abissale tra i ragazzi e il sistema scolastico.

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