Italia

Il digitale a scuola / Le paure e i rischi

  • Abbonati
  • Accedi
Attualità

Il digitale a scuola / Le paure e i rischi

La preoccupazione principale è sempre la stessa che hanno tanti genitori quotidianamente: già i figli sono di fronte a uno schermo – smartphone, tablet o computer che sia - ogni ora del giorno, che succede se hanno internet a disposizione anche a scuola? L'ironia si spreca in questi casi: tutti sono sicuri che i ragazzi non possono far altro che connettersi via facebook o whatsapp per attività ben poco didattiche, sempre che non si fiondino su siti a luci rosse.
Lo faranno il resto del giorno, ma ammettere che lo si faccia anche tra le mura scolastiche sembra inaccettabile. Difficile ipotizzare che la rete possa diventare uno strumento di raccolta di informazioni e di analisi utili per la preparazione scolastica.
In effetti è quello che rischia davvero di succedere quando i ragazzi non sono “educati” all'uso di internet ma lo pensano solo come strumento di socializzazione e di divertimento. In effetti l'analisi del Miur sugli studenti italiani e il digital reading sulla base dei dati Ocse sottolinea come “il digital divide sembra essersi spostato dalla differenza di possibilità di accesso alle tlc all'utilizzo che gli studenti ne fanno”: in altre parole, ormai tutti hanno uno smartphone per connettersi in rete, ma gli studenti più svantaggiati navigano più per giocare rispetto agli “avvantaggiati”, che utilizzano le rete anche per un uso informativo e di comunicazione.

È così evidente che gli studenti più a rischio sono anche quelli che sanno utilizzare meno la rete in maniera consapevole: ne fanno un uso in buona parte distorto, ma proprio perché non sono istruiti a navigare in maniera diversa.
È altresì chiaro che l'internet sempre a disposizione si può trasformare facilmente in una fonte di facile distrazione in ambito scolastico. Non solo perché mette a portata di mano facili ambiti di divertimento che mal si conciliano con le materie scolastiche, ma per la natura stessa degli strumenti digitali. Il pedagogista dell'Università di Roma Tre Benedetto Vertecchi li elenca senza sconti per nessuno: “La tecnologia abitua i bambini a pensare che c'è sempre una risposta al di fuori di loro, favorendo una perdita di memoria e un deterioramento della capacità di apprendimento, mentre la scrittura meccanica sulla tastiera riduce la loro abilità di scrittura e la capacità di coordinare il pensiero con l'attività di scrittura”. Il che gli fa concludere che a scuola i device elettronici devono rimanere fuori fino all'età dell'adolescenza: prima diventano dannosi.
Questi rischi si accompagnano alla generale resistenza, a dir la verità in fase calante, dei docenti che si trovano spesso in una complessiva incapacità di governare l'ingresso della rete nelle aule scolastiche: per la prima volta nella storia dell'istruzione si trovano ad affrontare un aspetto didattico in cui gli studenti sono più ferrati di loro.

Ulteriore elemento di resistenza è quello dei costi: già i genitori protestano per il salasso dei libri di testo nella scuola secondaria, adesso si impone anche l'acquisto di tablet o di altri device, dal momento che il più delle volte le scuole non riescono a farsene carico. La scuola digitale viene percepita quindi come una scuola elitaria, da “ricchi”. Dimenticando però che ormai la gran maggioranza degli studenti ha in mano un cellulare che ha le potenzialità di un vero e proprio computer. E che spesso le scuole che adottano sistemi improntati all'innovazione digitale fanno a meno dei libri di testo: l'acquisto di un tablet o di un pc portatile diventa quindi una sostituzione.
In termini di costi il ministero dell'Istruzione ha adottato con la Buona scuola un approccio di tecnologia leggera, sostituendo i massicci investimenti in hardware (pc, tablet o lavagne interattive) con una dotazione più agile fatta di connessione in banda larga per tutto le scuola, con un investimento complessivo di 600 milioni di euro.
Questione diversa è invece l'uso spesso disinvolto che i docenti fanno spesso delle tecnologie in termini di comunicazione con gli studenti o con le famiglie, creando comunità di classe su Whatsapp o su Facebook fatte apposta per far girare velocemente avvisi o istruzioni per i compiti. O i problemi legati alla privacy e all'informativa lamentate dai genitori in merito ai registri elettronici, ormai obbligatori e che informano in tempo reale le famiglie su programmi e assenze dei figli. O peggio ai gruppi su whatsapp formati dagli stessi genitori, che si trasformano in pericolosi fonti di pettegolezzo e di ansie. Ma questo non rientra nell'uso del digitale a fini didattici.

© Riproduzione riservata