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Unioni civili: primo voto ok, ma nel Pd è scontro

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Unioni civili: primo voto ok, ma nel Pd è scontro

  • –Emilia Patta

ROMA

L’Aula del Senato ha respinto la richiesta di non passaggio all’esame degli articoli del Ddl Cirinnà con 195 no contro 101 sì (la maggioranza richiesta era 149 su 298 votanti). Il primo scoglio messo sulla strada delle unioni civili dal leghista Roberto Calderoli e dall’ex alfaniano Gaetano Quagliariello è stato dunque superato senza alcuna fatica, anche grazie al voto palese deciso dal presidente del Senato Pietro Grasso. La geografia del voto, anche se si tratta di una questione procedurale e non di merito e quindi è solo indicativa, disegna quella “geometria variabile” delle alleanze spesso attribuita a Matteo Renzi: in favore dell’esame del testo si sono espressi compattamente i senatori del Pd assieme a quelli verdiniani del gruppo Ala (19), del Movimento 5 stelle (31) e di Sel-Gruppo misto (17). Per bloccare invece l’esame del testo hanno votato i senatori centristi di Alleanza Popolare (tranne Bonaiuti e Margiotta), Forza Italia (solo Anna Maria Bernini ha votato in dissenso dal gruppo) e Lega. Considerando che sull’unico articolo contestato del Ddl - ossia l’articolo 5 sulla stepchild adoption (l’adozione del figlio naturale del compagno all’interno della coppia gay) - i contrari nel Pd sono 27, nel Movimento 5 stelle 2 (altri 2 usciranno dall’Aula facendo abbassare il quorum) e in Ala solo 1, il traguardo di portare a casa il provvedimento compresa la stepchild adoption è per il Pd a portata di mano. Sulla carta. Perché c’è l’incognita del voto segreto, che sarà molto probabilmente concesso dal presidente del Senato sull’articolo 5 e anche su altro (si stimano in una ventina i possibili voti segreti).

Il caso politico più dolente resta interno al partito del premier e riguarda i “dissidenti” cattolici, questa volta quasi tutti renziani, contrarissimi all’adozione. Lo scontro è andato in scena nel pomeriggio di ieri durante l’assemblea del gruppo convocata dal presidente Zanda per comunicare gli emendamenti sui quali sarà lasciata libertà di coscienza. In linea con quanto più volte detto dallo stesso Renzi, che tuttavia si è personalmente espresso in favore della stepchild adoption. La proposta di Zanda è quella di lasciare “liberi” solo su 3 emendamenti: quello pro-affido al posto dell’adozione presentato dal cattodem Stefano Lepri, quello opposto sulla piena adozione per i gay presentato da Cecilia Guerra, e quello sull’articolo 22 di Donatella Mattesini che intende estendere la stepchild adoption anche alle coppie di fatto eterosessuali (e non solo a quelle sposate come è ora). Una scelta che ha fatto saltare su tutte le furie il senatore Lepri che, facendosi “portavoce” dei cattodem, ha chiesto di estendere la libertà di coscienza ad almeno altri 6 emendamenti. Alla fine non c’è stato nessun voto del gruppo, e in buona sostanza la questione è stata rimandata alla prossima settimana.

Così come alla prossima settimana, da martedì, sono stati rimandati i prossimi voti: oggi, ha deciso la Capigruppo chiesta da Zanda dopo il primo voto, ci sarà solo la presentazione degli emendamenti. Né è stata fissata una data entro la quale il Ddl deve essere approvato. Un modo per prendere tempo e cercare di risolvere l’altra questione politica oltre a quella interna al Pd, ossia la battaglia degli emendamenti con la Lega. Calderoli aveva detto di essere disponibile a ritirare quasi tutti i suoi 5mila emendamenti se il Pd avesse ritirato i due supercanguri messi in campo, di cui uno a firma del renziano Andrea Marcucci che riscrive tutta la legge e che se fosse approvato farebbe decadere tutti gli emendamenti. Compreso quello a firma Lepri pro-affido, lasciando in questo modo ai cattodem solo l’alternativa di votare il Ddl Cirinnà compresa la stepchild adoption: sullo stralcio dell’articolo 5, almeno al momento, non è infatti contemplata l’ipotesi libertà di coscienza. Insomma, evitare il supercanguro è soprattutto interesse del Pd. Per non lacerare il gruppo e per non inasprire più di quanto già non lo sia la divisione con gli alleati centristi del governo.

Da Palazzo Chigi Renzi, impegnato in serata nel Consiglio dei ministri sul decreto banche, non commenta ufficialmente il primo voto sulle unioni civili. Ma certo il risultato gli ha fatto piacere. Per il premier la priorità è ora portare comunque a casa una legge sulle unioni civili, con o senza la stepchild adoption. Aver comunque appoggiato sia pure in maniera blanda la versione più “avanzata” del Ddl Cirinnà permetterà a Renzi, in caso di sì del Senato all’articolo 5, di presentarsi agli occhi degli elettori di sinistra che a giugno dovranno scegliere i sindaci delle grandi città con una bandiera decisamente progressista.

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