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Unioni civili, sì alla fiducia con i verdiniani

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Unioni civili, sì alla fiducia con i verdiniani

ROMA - «La giornata di oggi resterà nella cronaca di questa legislatura e nella storia del nostro Paese. Abbiamo legato la permanenza in vita del governo a una battaglia per i diritti mettendo la fiducia. Non era accaduto prima, non è stato facile adesso. Ma era giusto farlo». E ancora: «Se come minaccia qualcuno io andrò a casa perché “colpevole” di aver ampliato i diritti senza aver fatto male a nessuno, lo farò a testa alta. Perché oggi l'Italia è un Paese più forte. Perché oggi siamo tutti più forti. Leggo critiche, accuse, insulti. Rispetto tutti e ciascuno dal profondo del cuore. Ma quel che conta è che stasera tanti cittadini italiani si sentiranno meno soli, più comunità. Ha vinto la speranza contro la paura. Ha vinto il coraggio contro la discriminazione. Ha vinto l'amore».

Matteo Renzi aspetta solo un minuto dopo i risultati del voto di fiducia in Senato sulle unioni civili per postare il suo commento su Facebook e intestarsi subito, e con parole “alte”, il merito di una legge che solo una decina di anni fa il centrosinistra guidato da Romano Prodi non riuscì a portare avanti. I voti a favore sono 173, i voti contrari 71, nessun astenuto. La differenza è amplissima, sopra le cento teste. Molti infatti gli assenti dall'Aula, a cominciare dai senatori grillini usciti per protesta contro lo «strozzamento» del dibattito parlamentare per via della fiducia. Assenti poi 6 senatori del Nuovo centrodestra che non hanno condiviso la scelta del loro leader Angelino Alfano di votare «un simil-matrimonio»: Maurizio Sacconi, Roberto Formigoni, Gabriele Albertini, Giuseppe Esposito Aldo Di Biagio e Giuseppe Marinello (quanto al Pd, mancavano all'appello solo 3 nomi: Sergio Zavoli per motivi di salute e Felice Casson e Luigi Manconi per dissenso da sinistra). Ma certo, e come prevedibile, a scatenare le polemiche è la qualità di quei 173 voti, dal momento che 18 (su 19) di questi provengono dal gruppo verdiniano di Ala. Tuttavia questa volta le polemiche sono sollevate dalle opposizioni, Lega Fi e M5s, che chiedono addirittura un passaggio al Quirinale per il cambio di maggioranza, e non dalla sinistra del Pd. Pure con svariati mal di pancia, infatti, la minoranza ha deciso di votare la fiducia a un Ddl considerato monco per lo stralcio della stepchild adoption voluto da Alfano. Nel pomeriggio Roberto Speranza era in Senato per convincere i senatori più riottosi che non si poteva dire di no a un provvedimento che comunque dà, e non toglie, diritti. Così che, allineandosi alla maggioranza renziana del partito, anche il bersaniano Federico Fornaro esclude che l'ok alla fiducia di Ala sia «un ingresso in maggioranza».

Unica nota stonata, dal punto di vista del Pd, sono le parole di giubilo di Alfano dopo il via libera: «Abbiamo impedito una rivoluzione contronatura», dice il ministro dell'Interno da Bruxelles riferendosi allo stalcio della stepchild adoption. A sollevarsi è praticamente tutto il Pd, fino al vicesegretario Lorenzo Guerini: «Vanno evitate dichiarazioni infelici che risultano inutili ed esagerate e che servono solo ad alimentare le polemiche in un giorno in cui si fa il primo decisivo passo per l'approvazione di una legge che l'Italia aspetta da oltre 20 anni».
Quanto a Renzi, giudica non degna di nota l'ennesima levata di scudi «strumentale» per il sì di Ala alla legge. «Voti non determinanti per il via libera», ripetono tutti i big del partito. La legge sarebbe stata infatti approvata lo stesso anche senza i 18 voti dei verdiniani con 155 sì. Comunque 6 in meno della soglia psicologica dei 161 voti necessari per la maggioranza assoluta. Il premier preferisce esaltare appunto «il valore storico» della giornata di ieri in tema di diritti, e incassa anche il sostegno di un leader mondiale come Barak Obama: «Congratulation», sono state le parole del presidente degli Stati Uniti durante la telefonata di ieri sera incentrata sui temi internazionali. E a dare manforte al premier sulla questione di Verdini arriva pure l'ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ieri ha dato il suo sì alla legge e alla fiducia in quanto senatore a vita di diritto iscritto al gruppo delle Autonomie. «Sono voti aggiuntivi e non sostitutivi», sono le parole del Presidente emerito, soddisfatto anche per lo stralcio del tema divisivo delle adozioni. Un assist che al momento aiuta Renzi anche in chiave interna. Quanto al «passaggio» al Quirinale invocato dalle opposizioni, Napolitano si concede anche una battuta: «Sì, una passeggiata...».

Ad ogni modo, se non numericamente, politicamente il voto di fiducia - il primo - dato dai verdiniani al governo Renzi ha un qualche peso. Come vogliono sottolineare i diretti interessati: «Abbiamo visto che siamo indispensabili per le riforme, siamo il paracadute di emergenza di una maggioranza che si deve aprire quando quello di ordinanza è in difficoltà», rimarca in mattinata il presidente del gruppo Lucio Barani. Quanto a lui, l'ex fedelissimo del Cavaliere, assicura: «Continueremo a lavorare - dice Verdini - anche nei prossimi mesi affinché la legislatura continui nel solco delle tante, indispensabili riforme in agenda, alle quali daremo sempre il nostro fattivo contributo». Passeggiata o meno al Colle, l'unica conclusione politica che si può trarre è che Verdini sta rendendo sempre più ininfluenti i voti dei senatori della minoranza Pd. Ed è per questo che la questione, passato il voto sulle unioni civili, non tarderà a riproporsi. Anche in chiave congressuale.

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