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Scontro su Verdini, Pd verso il congresso

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Scontro su Verdini, Pd verso il congresso

Roma

La prima fiducia al governo votata dal gruppo di Denis Verdini in Senato è già, come era largamente prevedibile, il nuovo oggetto dello scontro perenne nel Pd. Una fiducia che per di più, a sentire il capogruppo dei 19 senatori di Ala Lucio Barani, è solo la prima di tante altre («da ora in poi voteremo sempre la fiducia al governo»). E i critici del presunto Partito della Nazione scendono in campo per gridare il loro altolà. Chiedendo il congresso anticipato al gennaio del 2017 (la scadenza naturale sarebbe dicembre) per discutere dell’«identità» del Pd. «È chiaro che il voto di fiducia di ieri costituisce un cambiamento del perimetro della maggioranza. Un fatto molto grave. Per questo è urgente una discussione vera sull’identità del partito», dice Roberto Speranza, uno dei leader della minoranza in procinto di candidarsi a segretario dopo l’annuncio, sempre da sinistra, del governatore della Toscana Enrico Rossi. E questa volta l’attacco non viene solo da sinistra, ma anche da un renziano della prima ora come Matteo Richetti, da qualche mese su posizioni autonome: «Verdini con la maggioranza è troppo. Perché, insieme all’ultimo rimpasto rappresenta la resa ad un politicismo che non ha nulla a che vedere con le porte spalancate della prima Leopolda» (e nell’attivismo di Richetti qualcuno legge una possibile candidatura anti-renziana all’interno dello stesso mondo renziano).

La risposta del Pd renziano arriva per bocca della vicesegretaria Debora Serracchiani: «Il Pd avrà il congresso nel 2017, vedremo se vincerà Renzi o chi è bravo soltanto a lamentarsi. Speranza ci metta la faccia e vedremo chi vincerà e chi perderà. Penso che i cittadini sappiano scegliere e capire che in questi due anni le riforme sono state fatte, da noi, nonostante chi è bravo solo a fare polemiche». Incalza quasi con le stesse parole la fedelissima Maria Elena Boschi, in questo caso quasi “portavoce” del premier e segretario, che preferisce non discutere dell’«inesistente» caso Verdini: «Il Pd avrà il congresso nel 2017, vedremo se vincerà Renzi o chi è bravo soltanto a lamentarsi».

Insomma, Renzi dice ai suoi e fa sapere all’esterno che certo non ha paura di confrontarsi con Speranza al congresso, anticipato e meno che sia. «A noi, in realtà, con l’anticipo del congresso ci fanno un favore», dice off record un dirigente vicinissimo a Renzi. Quel richiamo di Serracchiani alle riforme non è certo casuale. Perché, come noto, il premier punta tutto sul referendum confermativo della riforma di Senato e Titolo V dell’autunno del 2016. E sulla scia di una campagna elettorale che sarà a tappeto e giocata all’ultimo sangue (Renzi ha già chiarito che se dovesse perdere il referendum lascerebbe la politica), il congresso Pd sarà quasi una passeggiata secondo i renziani. È da tempo, in realtà, che il premier pensa di anticipare il congresso del Pd. E lui stesso lo ha pubblicamente accennato («decideremo insieme se anticiparlo», ha detto parlando in direzione). Campagna per il referendum, e in un crescendo campagna per la conferma della leadership del partito che - non è un dettaglio - è anche premiership. Perché a quel punto, celebrato il congresso a gennaio 2017, non ci sarebbero più ostacoli ad andare alle elezioni politiche anticipate nella primavera del 2017. Campagna su campagna.

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