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Renzi sfida il Family day: «Andrò nelle parrocchie»

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Renzi sfida il Family day: «Andrò nelle parrocchie»

  • –Emilia Patta

ROMA

«Non ci siamo fermati di fronte alla sacrosanta esigenza di riconoscere diritti alle coppie omosessuali perché sarebbe stato incivile il contrario». Matteo Renzi torna sul tema della legge sulle unioni civili appena approvata con la fiducia in Senato con una delle sue e-news. E ci torna proprio nel giorno in cui scoppiano le polemiche sulla paternità da maternità surrogata in California del leader di Sel Nichi Vendola. Il premier naturalmente non tocca l’argomento. Ci pensa la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani, nel fare gli auguri a Vendola, a ricordare che in Italia la pratica dell’utero in affitto è vietata: «Sono contenta per Nichi e per il suo compagno e per il piccolo Tobia. Ho qualche perplessità, lo abbiamo sempre detto, sull’utero in affitto. Una pratica che in Italia è vietata dalla legge». Ed anche la presidente della Camera Laura Boldrini fa sapere di avere «riserve sulla maternità surrogata». Quello che al premier non è andato proprio giù è la minaccia del leader del Family Day Massimo Gandolfini, come ritorsione per l’approvazione delle unioni civili, di far fallire il referendum sulle riforme costituzionali previsto per ottobre. «Che c’entra - si chiede Renzi - la difesa della famiglia con la riforma del Senato? Che c’entrano le coppie omosessuali con la cancellazione del Cnel?». E qui Renzi aggiunge la sfida: «Se mi inviteranno andrò nelle parrocchie, come nelle realtà del volontariato, a dire il perché, a mio giudizio, è giusto che la riforma costituzionale passi. E se qualcuno vorrà mandarci a casa per questo, andremo a casa. Ma fino a quel momento, ostinati e sorridenti, continueremo a fare le cose che per noi servono all’Italia».

Sulla proposta di riforma complessiva delle adozioni, riforma che tenga dentro anche la stepchild adoption stralciata dalle unioni civili oltre alle adozioni da parte dei single, il Pd sembra intenzionato ad andare avanti. «Avremo mercoledì (domani, ndr) l’assemblea del gruppo alla Camera e ci confronteremo tra di noi – conferma il vicesegretario Lorenzo Guerini -. L’obiettivo è costruire una proposta di legge aperta a tutto il Parlamento». Oltre i confini della maggioranza, quindi. E dopo Angelino Alfano, è il capogruppo al Senato Renato Schifani a ricordare al premier e al suo Pd di non tirare troppo la corda: «Area popolare ha accettato che il governo ponesse la fiducia su un’iniziativa parlamentare sulle unioni civili perché veniva stralciata la stepchild alla quale eravamo e continueremo ad essere fermamente contrari. Il Pd eviti di inserire all’interno della maggioranza elementi divisivi che potrebbero nuocere alla serenità dell’azione di governo».

Serenità dell’azione di governo alla quale è intenzionato a lavorare invece Denis Verdini da una posizione di “confine”, come ha detto lui stesso ieri sera a Porta a porta. Rendendo subito invecchiate le rassicurazioni di alcuni ministri del Pd come Graziano Delrio e Maurizio Martina sul fatto che «Verdini non entra nella maggioranza». L’ex fedelissimo del Cavaliere chiarisce che non c’è stata alcuna «trattativa» per l’ingresso in maggioranza in vista del voto di fiducia sulle unioni civili dato dai 19 senatori del gruppo Ala giovedì scorso a Palazzo Madama: «Le trattative si fanno per avere un posto di governo e noi non siamo nel governo». Tuttavia la scelta di votare la fiducia – la prima – è stato un atto «molto importante che ci compromette perché in teoria significherebbe entrare nella maggioranza». Tuttavia, precisa, «noi non siamo organici a questa maggioranza, ma siamo liberi e decidiamo in piena autonomia su ogni provvedimento del governo. E proprio perché siamo liberi possiamo permetterci di decidere di volta in volta come vogliamo. Sul conflitto d’interessi diremo no». Insomma, altre fiducie ci saranno. E sicuramente altre polemiche nel Pd.

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