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Bersani: con Ala siamo Casa delle libertà

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Bersani: con Ala siamo Casa delle libertà

  • –Emilia Patta

Roma

«Non è vero che abbiamo bisogno di Verdini come non era vero che avevamo bisogno di Berlusconi con il Patto del Nazareno. È una scelta. Renzi decida se vuol fare quello che rottama o quello che resuscita e su questo bisognerebbe fare anche una discussione congressuale». E ancora, con citazione sarcastica del vecchio tormentone tv di Corrado Guzzanti: «Se è vero che uno che vota la fiducia non è in maggioranza, allora uno che non vota la fiducia non è all’opposizione. Eccoci finalmente approdati alla Casa delle libertà, quella dove ognuno fa quel che... gli pare».

È un fiume in piena, Pier Luigi Bersani, mentre commenta con i cronisti in Transatlantico il voto di fiducia dato giovedì scorso in Senato dai 19 senatori verdiniani di Ala sulle unioni civili. Che se la prende anche con la «narrazione» renziana dei dati economici e con il rifiuto «arrogante» dei vertici di Largo del Nazareno di anticipare il congresso previsto per la fine del 2017. Per la verità non c’è stata nessuna risposta ufficiale, al di là delle battute polemiche, alla proposta della minoranza del Pd di anticipare il congresso previsto per la fine del 2017 a inizio anno. Anzi, l’idea di anticipare di qualche mese le assise con relative primarie - magari a inizio primavera del 2017 - era già stata presa in considerazione da Renzi per una serie di motivi, non ultimo la possibilità di sfruttare a suo favore l’onda lunga del successo del referendum confermativo sulla riforma del Senato e del Titolo V previsto per ottobre (naturalmente se sarà un successo, come credono a Palazzo Chigi). Ma per Renzi e i vertici del Pd l’eventuale anticipo del congresso si deve decidere più in là, dopo il referendum. Quello che la maggioranza vuole evitare è infatti una lunga discussione interna che non farebbe che oscurare l’azione del governo. Opposto l’obiettivo della minoranza: una lunga campagna per preparare l’alternativa a Renzi o meglio, più realisticamente, per raggiungere una percentuale tale (magari il 30%) che possa garantire la sopravvivenza nel prossimo Parlamento del vecchio gruppo dirigente del Pd. Non va dimenticato, infatti, che l’Italicum prevede un premio di soli 25 voti in più, e dunque Renzi cercherà di inserire nelle liste elettorali il minor numero possibile di avversari interni per evitare di farsi condizionare da un’agguerrita minoranza alla Camera nell’azione di governo. Da qui l’esigenza, per la minoranza del Pd, di raggiungere una percentuale più alta del 18% raccolto da Gianni Cuperlo alle primarie del 2013. È questo il vero oggetto del contendere, e nessuna scissione è al momento all’orizzonte. «La scissione? La faranno loro non io. Ci vuole un bel fisico a a mandare fuori me», dice Bersani. Congresso o non congresso, «una discussione nel Paese la faremo comunque», avverte l’ex leader. Alzando i toni anche per puntare i riflettori sulla convention della minoranza a Perugia, il 12 e 13 marzo prossimi, che dovrebbe lanciare la leadership alternativa a Renzi del giovane Roberto Speranza.

Viste le premesse si capisce dunque la scelta di Renzi e dello stato maggiore del suo Pd di ignorare la polemica su Verdini. «Non mi perderei in polemiche inutili che non interessano alla gente», chiosa il numero due Lorenzo Guerini.

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