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Nasce l’Osservatorio sull’innovazione digitale

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l’intervista

Nasce l’Osservatorio sull’innovazione digitale

«L’Osservatorio Innovazione Digitale EY-Confindustria nasce in seguito alla prima tappa del Viaggio nell’Italia che innova, che si è svolta a Bologna il 30 novembre e il 1 dicembre dell’anno scorso. In quella occasione, EY e Confindustria hanno deciso di approfondire i temi legati all’innovazione e alla trasformazione digitale, fornendo alle regioni coinvolte da questo Viaggio informazioni qualitative e quantitative sulle performance territoriali». Andrea Paliani, partner di EY e Advisory Services Leader dell’area mediterranea, spiega le ragioni e le metodologie adoperate per costruire, attivare e rendere uno strumento di effettiva analisi e di lavoro costante l’Osservatorio. Oggi a Bari, nella nuova tappa del Viaggio nell’Italia che innova, saranno presentati i risultati specifici, appunto in merito alla Puglia, generati dall’Osservatorio Innovazione Digitale. Intanto, però, Paliani chiarisce l’ingegneria concettuale e interpretativa che presiede questo nuovo strumento: un nuovo paradigma che può essere adattato per comprendere le più diverse situazioni, aggiornandolo di volta in volta così da cogliere al meglio le evoluzioni, le involuzioni o le stasi sperimentate dai sistemi economici e da quelli che, sia nel linguaggio degli economisti che nel linguaggio dei policy-makers, vengono definiti “territori”. «L’Osservatorio – dice il partner di EY – è formato dall’Index di potenzialità economica e dall’Index di innovazione digitale. Si tratta di due indicatori distinti, ma perfettamente complementari, che sono essenziali per comprendere due temi strategici come il livello di innovazione dei singoli territori e il livello di innovazione dei singoli tessuti produttivi». L'indice di potenzialità economica è costruito sulla base dei dati del Regional Competitiveness Index della Commissione Europea e valuta la capacità potenziale dell’environment, inteso come ambiente sociale ed economico, istituzionale e tecnologico in cui operano le imprese. Una capacità potenziale che dice molto del presente, ma che fa presagire parecchio anche del futuro: per esempio, sul complesso tema della capacità di attrarre investimenti che possano arricchire i noccioli duri dei segmenti produttivi storici o che possano ibridare questi ultimi con nuove specializzazioni tecno-industriali. Invece, l’indice di innovazione digitale è ottenuto attraverso l’integrazione di 113 indicatori e ha l’obiettivo di misurare il livello di innovazione digitale delle aziende e il livello di digitalizzazione del contesto in cui esse si muovono. Una nota di metodo importante: il 90% di questi 113 indicatori proviene da fonti istituzionali come Istat, Eurostat, Miur e Agenzia per l’Italia digitale; il 10% è il risultato di indagini svolte da EY. Un ruolo fondamentale, per la sua conoscenza diretta degli andamenti e delle problematiche proprie del mondo dell'impresa, è rivestito da Confindustria.

«L’Osservatorio è naturalmente molto elastico – nota Paliani – dato che ci sono un aggiornamento continuo e una evoluzione costante delle fonti». Non si tratta soltanto di una naturale attitudine a recepire una molteplicità di statistiche che tendono a modificare in continuazione lo sguardo sulla realtà, arricchendolo. È anche una filosofia di lavoro che tende ad assorbire gli elementi qualitativi e le suggestioni che, dalla realtà, provengono. «Sotto questo profilo – nota il partner di EY – lo stesso Viaggio nell’Italia che innova rappresenta uno strumento fondamentale per accogliere ulteriori stimoli e visioni nell’Osservatorio Innovazione Digitale”. La digitalizzazione sta cambiando ogni cosa. Il suo è un impatto radicale sulla vita delle aziende. Dal rapporto con la clientela finale alla modulazione della catena di fornitura, dall’assetto organizzativo interno alla dialettica fra radicamento locale e mercati globali. Uno strumento come l’Osservatorio Innovazione Digitale EY-Confindustria, che ha finalità analitiche ma anche pratiche, diventa così operativo in un passaggio cruciale per il nostro capitalismo manifatturiero, composto soprattutto da piccole e medie imprese. In Puglia, e nel resto del Paese.

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