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Verdini agita le primarie Pd a Roma

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Verdini agita le primarie Pd a Roma

  • –Emilia Patta

ROMA

A tre giorni dalle primarie del Pd per scegliere il nuovo sindaco nelle città chiamate al voto a giugno, in primis Roma e Napoli, il partito continua a lacerarsi sul ruolo di Denis Verdini come possibile alleato di governo. O addirittura come possibile membro del Pd. La giornata di ieri si è infatti avvitata attorno ad alcune indiscrezioni di stampa che dipingevano Verdini intento a dare il suo contributo ai candidati renziani, in particolare a Roberto Giachetti, alle primarie di domenica. Con tanto di truppe ai gazebo. E prima ancora che arrivassero le smentite, la macchina della polemica interna era già partita. Così l’ex competitor di Matteo Renzi alle primarie del 2017 Gianni Cuperlo: «Il senatore Verdini dice che a Milano lui e i suoi amici voteranno Sala e che alle primarie di Roma voteranno Giachetti. Dicano Sala e Giachetti che quei voti sono da respingere senza starci a pensare un istante. Dicano che sono un abbraccio mortale alla speranza di ricostruire il campo largo e civico di un centrosinistra di governo, nelle città e nel Paese». E così il probabile futuro competitor alle primarie del 2017 Roberto Speranza: «La scelta di Verdini di partecipare alle primarie del Pd sostenendo i candidati renziani è la naturale conseguenza dell’ingresso di Ala nella maggioranza di governo. Finora accolti, da molti ma non da noi, a braccia aperte. Verdini? No grazie».

Tutto sommato, per la minoranza del Pd, quale migliore occasione per fare indiretta propaganda in favore dei loro candidati alle primarie di domenica (a Roma Roberto Morassut)? Tenere viva la polemica su Verdini dopo il voto di fiducia dato dai 19 senatori di Ala sulle unioni civili il 25 febbraio scorso è inoltre utile per lanciare, congresso anticipato o meno, la lunga campagna per il congresso del 2017. Campagna che avrà il suo battesimo ufficiale il week end del 12-13 marzo con una convention a Perugia. Il nodo dei rapporti con Denis Verdini è tutto politico, e dal punto di vista della minoranza del Pd può snaturare la fisionomia del partito portando a un’emorragia di voti a sinistra. Per cui le smentite rispetto alla presunta partecipazione dei verdiniani alle primarie del Pd di domenica non cambiano di molto il clima interno, che resta a dir poco infuocato. Se non da separati in casa.

Ad ogni modo i primi a smentire sono proprio i parlamentari di Ala, la formazione di Verdini. «Stimo l’onorevole Giachetti e lo riterrei un ottimo candidato della città in cui vivo per cui, se fossi un elettore del Pd, domenica voterei per lui - spiega il parlamentare Ignazio Abrigrani, molto vicino all’ex plenipotenziario di Silvio Berlusconi -. Ma né io né i miei amici siamo iscritti al Pd e non abbiamo pertanto alcuna intenzione di partecipare a questa battaglia. Né tantomeno l’amico Verdini ci ha mai dato indicazioni in questo senso». Per il Pd la smentita arriva per bocca di Matteo Orfini, presidente del partito nonché commissario del Pd romano: «Se davvero Verdini ha voglia di primarie, convinca la destra a organizzarle. Le nostre sono off limits per chi non è di centrosinistra». Poi, via via, arrivano le smentite e le prese di distanza dei candidati tirati in ballo dalle indiscrezioni giornalistiche: Giachetti («non ho notizie di Verdini e non me ne occupo, ci sono ben altre cose di cui occuparsi a Roma») e anche di Giuseppe Sala, che le primarie le ha già vinte a Milano («Verdini è un po’ furbacchione, cerca di trarre dalla parte dei più forti, quindi la prendo come un auspicio»).

A poche ore dall’apertura dei gazebo, la prima vittima delle polemiche su Verdini potrebbe essere l’affluenza, che è intanto la preoccupazione di Largo del Nazareno. Ad ogni modo il candidato della maggioranza Giachetti a Roma non dovrebbe avere problemi. Mentre la partita tra Valeria Valente e Antonio Bassolino a Napoli è davvero apertissima. E una vittoria dell’ex sindaco e governatore - al di là delle poche chance in ogni caso di battere il sindaco uscente Luigi De Magistris - sarebbe una sconfitta del Pd renziano e dell’idea di rinnovamento incarnata dal premier e segretario del Pd.

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