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Tecnici uccisi in Libia: slitta il rientro delle salme, niente…

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mentre procede l’inchiesta

Tecnici uccisi in Libia: slitta il rientro delle salme, niente autopsia a Tripoli

(Ansa)
(Ansa)

Slitta ancora il rientro in Italia delle salme di Salvatore Failla e Fausto Piano. Uccisi il 2 marzo probabilmente dal fuoco “amico” aperto dalle milizie di Sabrata contro la colonna dei rapitori che si stava spostando, i corpi dei due tecnici della Bonatti erano attesi per stasera a Ciampino ma saranno rimpatriati solo domani. «Non lasceranno Tripoli stasera perché deve essere rispettata una procedura legale. Si spera lascino Tripoli domani pomeriggio», ha annunciato all'agenzia stampa Ansa un portavoce del governo insediato nella capitale libica, Jamal Zubia, quando allo scalo romano si stava ormai approntando l'accoglienza.

Insomma, dopo essere rimasti per giorni «prigionieri» della burocrazia e delle richieste di riconoscimento politico che arrivano dalle autorità della città come dal Governo di Tripoli, l'odissea non è ancora finita. Sembra però che 007 e diplomatici italiani, al termine di faticose trattative, abbiano raggiunto l'obiettivo di evitare l'autopsia a Tripoli, così da fare in Italia - domani o appena sarà possibile - l'esame considerato fondamentale dalla Procura di Roma che indaga per far luce sull'ancora confusa dinamica dei fatti. In mattinata a raccontare lo stato delle cose era stato il sindaco di Sabrata, Hussein Al-Zawadi. I cadaveri degli italiani, aveva spiegato, sono ancora nella cittadina di Surman, dove è avvenuto lo scontro, «devono essere consegnati a Tripoli al procuratore generale e, se tutto andrà come previsto, saranno a Tripoli a mezzogiorno. Come di norma in questi casi - ha aggiunto - i corpi dovrebbero essere stati sottoposti a un'autopsia e dovrebbe esserci una perizia che li accompagna e che deve essere trasmessa al Procuratore generale per allegarla ai documenti dell'inchiesta».

Anche il ministro degli Esteri del Governo di Tripoli, Ali Ramadan Abuzaakouk, intervistato dal Corriere, ha sostenuto che l'autopsia completa a Tripoli «è necessaria per le nostre leggi». Proprio quello che le autorità italiane hanno puntato ad evitare. Da qui gli sforzi diplomatici per fare in modo che i corpi siano consegnati integri, così che siano i medici legali di Roma a fare gli esami e verificare come sono stati uccisi e da che tipo di pallottole. Richiesta peraltro in linea con quelle delle famiglie. La procura romana ha affidato all'Istituto di medicina legale del Policlinico Gemelli l'autopsia. I due corpi saranno sottoposti ad accertamento radiologico e alla Tac, esami considerati utili per individuare la tipologia e la traiettoria dei proiettili e chiarire quanto accaduto al di là delle varie versioni filtrate da Sabrata.

Inutile dire che il momento non è dei migliori per ottenere qualcosa dalla Libia. Mentre imperversano i rumors su possibili interventi militari nel Paese nordafricano e oggi è arrivata una nuova fumata nera da Tobruk sul sì al Governo di unità nazionale, l'esecutivo “rivale” di Tripoli non manca di usare ogni elemento per far pesare il suo ruolo e ottenere riconoscimenti politici da parte della comunità internazionale occidentale, Italia compresa, che si è dall'inizio schierata con Tobruk.

Ecco, quindi, che anche una vicenda come quella degli ostaggi italiani finisce in un gioco più grande da affrontare evitando cedimenti, ma anche bracci di ferro. Il punto di equilibrio è sottile: il ritorno dei due ostaggi vivi è stato più veloce di quanto temuto, ma gli ostacoli sono stati poi messi sulla consegna delle salme. E non c'è solo Tripoli da considerare, ma anche l'autorità di Sabrata, le cui milizie hanno sferrato l'attacco ai sequestratori che ha causato anche la morte di Piano e Failla. Una concatenazione di autorità, interessi e richieste che continua a ritardare il rientro dei corpi. Fino ad arrivare allo slittamento di stasera, quando sembrava ormai tutto fatto per il rimpatrio, tanto che - a quanto si apprende - le autorità tripoline si sono fatte fotografare con gli italiani al momento della consegna per «dimostrare la loro amicizia» con Roma. Non sono mancate, come sempre avviene, le polemiche sull'ipotesi che sia stato pagato un riscatto. La posizione ufficiale italiana è che non ci sia stato alcun pagamento. Naturalmente, come per ogni rapimento, si cerca di avviare una trattativa con chi ha in mano gli ostaggi ed il punto di partenza sono di norma le sue richieste. Che possono essere denaro, ma non solo. Come è stato sperimentato negli ultimi giorni

La solidarietà di Hollande
Intanto il presidente francese, François Hollande, ha voluto esprimere la solidarietà del proprio Paese per Fausto Piano e Salvatore Failla. Durante la conferenza stampa congiunta con il premier Matteo Renzi, a Venezia, in occasione del vertice intergovernativo Italia-Francia, Hollande ha anche voluto ricordare che in Libia «deve essere portata avanti la lotta contro il Daesh».

Filippo Calcagno: «Eravamo diventati fratelli»
«Mi vergogno un po', perche io sono tornato a casa con la mia famiglia, noi siamo tutti felici, e vedere loro in quelle condizioni mi strazia il cuore». Lo ha detto Filippo Calcagno, il tecnico rapito in Libia e tornato in Sicilia dopo 8 mesi di prigionia, concludendo l'intervista alla trasmissione Agorà, in onda su Rai3. Calcagno è rientrato in italia insieme all'altro tecnico Gino Pollicardo. «Io sono stato con gli altri due colleghi fino alla fine. Noi quattro eravamo diventati una famiglia perché ci raccontavamo quello che era successo ai nostri cari in tutti questi anni. Alla signora Failla voglio dire che suo marito era una persona meravigliosa, in questi 8 mesi che abbiamo passato da prigionieri siamo diventati fratelli».

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