Il nuovo processo d'appello a carico di 5 medici dell'ospedale Pertini in relazione alla morte di Stefano Cucchi dovrà verificare se vi siano state condotte omissive da parte dei sanitari per impedire il decesso del giovane, che venne ricoverato nella struttura protetta del nosocomio. Nel fare ciò bisognerà cercare di raggiungere la «necessaria certezza» sulla «causa materiale» della morte. Lo spiega la quinta sezione penale della Cassazione, nelle 57 pagine di motivazione della sentenza con cui, lo scorso dicembre, rese definitive le assoluzioni degli agenti di Polizia penitenziaria finiti sotto processo, e, invece, annullò con rinvio quelle pronunciate nei confronti dei medici del Pertini.
Cassazione: ingiustificabile inerzia medici
La Cassazione ricorda che i medici dell'ospedale Pertini avevano una «posizione di garanzia» a tutela della salute di Stefano Cucchi e il loro primo dovere era diagnosticare «con precisione» la sua patologia anche in presenza di una «situazione complessa che non può giustificare l'inerzia del sanitario o il suo errore diagnostico». Lo scrive la Cassazione nelle motivazioni - depositate oggi - in base alle quali sono state annullate le assoluzioni dei cinque camici bianchi che avrebbero dovuto curare Cucchi morto nel 2009 dopo una settimana di ricovero.
«Più testi su botte da carabinieri»
Per gli ermellini del Palazzaccio è da escludere che Stefano Cucchi sia stato picchiato dagli agenti della polizia penitenziaria dal momento che ci sono «plurime deposizioni di fondamentale importanza» secondo le quali il giovane «sarebbe stato aggredito da appartenenti all'arma dei carabinieri, quindi prima di essere “preso in carico” dagli agenti di polizia penitenziaria tratti a giudizio». In particolare il verdetto dei supremi giudici ricorda la «disarmante sicurezza e semplicità del teste Schirone, uno dei carabinieri della stazione Casilina, che tradussero il Cucchi dalla stazione di Tor Sapienza in tribunale e che disse “era chiaro che era stato menato”». Inoltre - prosegue la Cassazione - ci sono le deposizioni degli assistenti di polizia penitenziaria Bruno Mastrogiacomo e Mauro Cantone «che si occuparono di Cucchi presso il carcere di Regina Coeli, nonchè dell'infermiera Silvia Porcelli, che ebbe in cura Cucchi presso l'ospedale Pertini, i quali tutti hanno riferito di avere appreso dal Cucchi di essere stato picchiato dai carabinieri».
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