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Anm, svolta a destra della magistratura. Davigo il più votato

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Toghe al voto

Anm, svolta a destra della magistratura. Davigo il più votato

Piercamillo Davigo (Ansa)
Piercamillo Davigo (Ansa)

ROMA - Semplificando, la magistratura dell'era Renzi vira a destra. Questo dicono le urne, dove si è votato per l'elezione dell'Anm fino a martedì pomeriggio e da dove sta emergendo una magistratura tutta diversa da quella degli ultimi anni. Che, come in politica, tende a identificarsi con un leader, nella fattispecie Piercamillo Davigo, pm di punta del pool Mani pulite, ora giudice di Cassazione nonché padre fondatore della “pragmatica” Autonomia e indipendenza, nata da una scissione da Magistratura indipendente, la corrente di centrodestra e più corporativa dell'Anm. Dopo la vittoria al referendum sui carichi di lavoro esigibili, ora Davigo mette a segno un altro successo strepitoso, stavolta personale, essendo il magistrato più votato di questa tornata elettorale, con 1.002 preferenze. La sua Ai, ha ottenuto 1.220 voti, un'enormità per un'esordiente, togliendone sia a Mi (che si ferma a 1.534; ne aveva 2000 nel 2012) sia ad Area (1.723, 2.271 nel 2012), il cartello progressista che tiene insieme Md e Movimento per la giustizia, la più penalizzata dal voto anche se è seconda dopo Unità per la Costituzione. Che si conferma la lista di maggioranza: il gruppo moderata di centro ottiene 2.466 voti, più di quelli del 2012 (2.286). Un successo nient'affatto scontato viste le critiche che, da destra, si erano levate contro la guida del presidente uscente Rodolfo Sabelli e della sua giunta (solo Mi all'opposizione), considerata troppo timida nei confronti della politica di questo governo.

I risultati che da ieri affluiscono al Palazzaccio, dove ha sede l'Anm, sono ancora provvisori anche se mancano solo un paio di distretti. Per i definitivi bisognerà attendere ancora qualche ora dopodiché si conosceranno i nomi dei 36 magistrati del nuovo “parlamentino” dell'Anm, che eleggerà (il 19 marzo) la giunta esecutiva. Tra gli eletti ci sono, fra l'altro, Eugenio Albamonte, Antonio Sangermano, Luca Poniz e Luigi Orsi, Corrado Cartoni, Alessandro Pepe, Francesco Minisci.

Il successo di Davigo era nell'aria. Non solo per la stima di cui gode da sempre e per la vittoria al referendum “imposto” da Ai all'Anm sui carichi esigibili, cioè sugli standard massimi di lavoro dei giudici, ma soprattutto per il crescente malumore dei magistrati che, da quando Renzi è al governo, si sentono tartassati di lavoro, vilipesi, oltraggiati per la riduzione delle ferie (e le motivazioni sottostanti), nel mirino con la nuova legge sulla responsabilità civile, ossessionati dalla produttività. Davigo dà voce a questo scontento, con rivendicazioni giudicate troppo «corporative» da Unicost e Area. Quest'ultima, però, ha pagato un prezzo alto, perdendo consensi un po' ovunque, in particolare a Roma (dai 230 consensi del 2012 è scesa a 180) e a Napoli dove si è fermata a quota 169 (262 nel 2012), quasi una débacle, ammettono i suoi dirigenti, anche se se lo aspettavano.

Area paga, in particolare, il rifiuto del pragmatismo fine a se stesso e l'inclinazione all'analisi della complessità, anche politica, dei problemi, nonché il rifiuto dell'approccio «impiegatizio» o «corporativo» e la rivendicazione, invece, dell'essere «classe dirigente» con la relativa responsabilità. «Forse abbiamo creato speranze e illusioni, convinti che alcuni sacrifici potessero portare il sistema a livelli europei, e adesso paghiamo il prezzo della disillusione» commenta a caldo Carlo De Chiara, segretario di Md, non senza rimarcare, però, che in alcune città, come Torino (tradizionalmente presidio di Mi, che nel 2012 aveva avuto 183 voti), Area ha tenuto bene con le sue 139 preferenze (138 nel 2012) ed è l'unica a tallonare Ai (143 voti), mentre Mi e Unicost si fermano, rispettivamente, a 76 e 72.

A questo punto, come si usa dire “il pallino è in mano a Davigo”, probabile presidente. Spetterà a lui decidere le alleanze. Ai è ai ferri corti con Mi e dunque è improbabile una giunta unitaria, anche se il “signor sottile” (come viene soprannominato) potrebbe decidere di lavorare proprio in questa direzione per governare una giunta, nella quale tutti dovranno comunque fare un passo indietro.

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