«Non ci sono solo informatici: per alcuni ambiti dell'Ict un professionista con basi diverse, ad esempio in linguistica o design, può essere anche più indicato». A dirlo non è proprio un neolaureato nel settore, ma Andrea Sianesi: ordinario di ingegneria gestionale al Politecnico di Milano e dean del Mip, la Business school dell'ateneo di piazza Leonardo. La cosiddetta digital disruption sta travolgendo i vecchi schemi dell'economia, dalla frontiera dell'industria 4.0 alla smaterializzazione di interi segmenti produttivi. Una laurea in ingegneria o nell'orbita Ict resta il biglietto da visita più solido, ma non è detto che ci sia spazio solo per i talenti di formazione tecnica. Ecco qualche esempio.