Italia

No a Bassolino, lui pensa a una lista

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

No a Bassolino, lui pensa a una lista

  • –Sara Monaci

L’affaire primarie, dopo la vittoria domenica scorsa dei candidati renziani nelle grandi città - in primis Roberto Giachetti contro Roberto Morassut e Valeria Valente contro Antonio Bassolino - si sta vieppiù complicando trasformandosi nell’ennesimo casus belli interno al Partito democratico. Mentre a Roma scoppia il caso di 3mila schede bianche (messe apposta per far salire l’affluenza?) che dopo verifica del comitato organizzatore diventano 567 bianche, 326 nulle e una contestata, sotto i riflettori è sempre la situazione di Napoli dopo le immagini pubblicate da Fanpage che mostrano le offerte di euro agli elettori per permettergli di votare ai gazebo. Dopo la pubblicazione dei video Antonio Bassolino, perdente per poche centinaia di voti, aveva fatto ricorso al comitato di garanzia per le primarie di coalizione e proprio ieri è arrivato il verdetto: ricorso respinto per superamento del termine di 24 ore previsto dal regolamento. «Invece di riflettere e discutere il Pd chiude gli occhi. È un colpo di spugna che offende le primarie e la città», è la reazione dell’ex sindaco di Napoli. Che accusa anche i vertici del partito (il vicesegretario Lorenzo Guerini e il presidente Matteo Orfini) di aver «emesso il verdetto prima ancora che gli organi competenti avessero esaminato i fatti. È una sentenza preconfezionata». Ed ora sembra stia valutando l’idea di correre con una propria lista alternativa alla Valente. Per il Pd si ripresenterebbe un nuovo caso-Liguria.

La tesi del Nazareno è in effetti sempre stata in queste ore quella che, al di là di qualche caso specifico da sanzionare, l’accaduto non influisce sul chiaro risultato delle primarie napoletane. Ma, dopo le polemiche alzate dalla minoranza sul dimezzamento dell’affluenza a Roma e sulla presunta fuga di elettori dal “Pd della Nazione” a trazione renziana, i fatti di Napoli gettano un’ombra obiettiva sullo svolgimento delle votazioni di domenica e l’indurimento della polemica interna è inevitabile. È l’ex leader Pier Luigi Bersani a sottolineare il rischio di «disorientare la nostra gente»: «È irrituale che ci siano stati pronunciamenti di esponenti del partito prima della commissione di garanzia - dice Bersani -. Spero che prevalga il buon senso. C’è un problema politico gravissimo, il disagio dei nostri elettori». E l’ex competitor di Renzi alle ultime primarie nazionali del Pd Gianni Cuperlo rilancia: deve essere l’organo di garanzia nazionale e non quello locale ad esaminare i fatti di Napoli. Scontata la replica del numero 2 Guerini: le primarie di Napoli sono state primarie di coalizione e non primarie di partito, quindi non può essere un organo del partito a giudicare i fatti accaduti. «Si è pronunciato il comitato dei garanti della coalizione e ha rigettato il ricorso confermando il risultato». Punto.

Ora basta, è dunque la posizione dei dirigenti più vicini a Matteo Renzi. Lui, il premier e segretario del Pd, giudica le polemiche sollevate dalla sinistra del tutto «strumentali» e non vuole replicare né entrare in faccende locali. «La verità è che una parte della sinistra gioca a farci perdere le elezioni per poter attaccare la leadership di Renzi e una scusa è buona per gettare fango», è il refrain tra i dirigenti più vicini a Renzi. Come dimostra - accusano - l’ormai quasi certa candidatura dell’ex ministro lettiano Massimo Bray, vicinissimo a Massimo D’Alerma, contro Giachetti nella Capitale. «Un gioco a farci perdere, a Roma e altrove». Perché anche a Milano quella che sembrava una corsa in discesa per Giuseppe Sala, vincitore delle primarie di coalizione del 7 febbraio, si annuncia come una partita per niente scontata. Con la falla a sinistra che si apre dopo l’abbandono del campo da parte della vicesindaca Francesca Balzani, seconda arrivata alle primarie e scelta dal sindaco Giuliano Pisapia come simbolo della sinistra unita. Una scelta, quella della Balzani, che ha un effetto a cascata. La parte più a sinistra della coalizione non si sentirebbe più garantita senza la presenza della vicesindaca. Sel riapre così una riflessione avviata mesi fa, e che ufficialmente ha come fulcro la lista civica “di sinistra” a sostegno di Sala, ma che nei fatti riguarda il problema di identità più ampio che il partito di Vendola ha a livello nazionale e ancora di più a Milano. Nel capoluogo lombardo Sel sta rivendicando la sua autonomia rispetto all’indicazione di alternatività al Pd data dal coordinatore nazionale Nicola Fratoianni. Ma a questo punto diventa difficile capire se questa linea autonoma del vendoliani milanesi può proseguire, soprattutto pensando che tra pochi giorni Gherardo Colombo potrebbe sciogliere la sua riserva e candidarsi con la sinistra alternativa a Sala. L’ex magistrato dovrebbe prendere una decisione entro il fine settimana.

© RIPRODUZIONE RISERVATA