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Piano Pmi, meno fisco su utili reinvestiti

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Piano Pmi, meno fisco su utili reinvestiti

  • –Davide Colombo

roma

Potrebbe arrivare tra fine aprile e le prime settimane di maggio il pacchetto competitività allo studio del governo. Un decreto legge, da battezzare “Investment compact 2” (o “Finanza per la crescita 2.0”), che potrebbe contenere una nuova forma di detassazione degli utili reinvestiti in azienda oltre agli sgravi per gli investitori retail e istituzionali che impiegano il risparmio verso le medie imprese (si veda Il Sole 24 Ore del 12 marzo).

Tra le proposte avanzate dal ministero dello Sviluppo economico nell’ambito della task force con ministero dell’Economia e Banca d’Italia spunta una riedizione, con correzioni, della cosiddetta “Tremonti ter” che premiava gli investimenti (acquisto o leasing) di macchinari industriali. Quella misura consisteva nell’esclusione da imposizione sul reddito d’impresa del 50% del valore degli investimenti effettuati. La detassazione operava ai fini delle imposte sui redditi (Irpef/Ires) ma non ai fini dell’Irap.

Nell’istruttoria in corso, ancora in una fase tecnica e iniziale, si starebbe però valutando una trasformazione. Un’ipotesi è limitare il calcolo dell’agevolazione agli investimenti incrementali effettuati in un arco di tempo precedente (ad esempio triennio o quinquennio). Ma contemporaneamente si potrebbe valutare anche un’estensione ai fini Irap, la cui base di calcolo com’è noto non è rappresentata dal reddito d’impresa ma dal valore della produzione. Ad ogni modo il tema del rilancio degli investimenti dovrebbe essere al centro del nuovo provvedimento, anche con l’obiettivo di immaginare una continuità con misure che sono risultati efficaci ma andranno a scadenza a fine anno quali la “nuova Sabatini” e il superammortamento al 140%.

Sul fronte dei finanziamenti di tipo non bancario alle imprese la misura principale del nuovo pacchetto competitività resta quella dell’incentivo fiscale a favore del risparmio che si orienti su investimenti per il rafforzamento dimensionale, di capitale o di posizionamento sui mercati esteri. L’intervento potrebbe riguardare direttamente il prelievo sui capital gain (attualmente al 26% mentre quello sulle rendite degli investimenti in titoli del debito pubblico è al 12,5% ) e sarebbe associato ad alcune condizionalità ancora allo studio e che vanno dalla durata minima dell’investimento al tipo di asset allocation che il risparmiatore potrà adottare scegliendo di orientarsi su prodotti finanziari dedicati a investimenti in imprese con ricavi compresi tra i 50 e i 250 milioni annui.

Con il via in giugno, da parte della Bce, delle nuove operazioni mirate di rifinanziamento di durata quadriennale (Tltro) per le banche che faranno più crediti all’economia e sugli acquisti diretti di bond aziendali con un rating investment grade si crea uno spazio di mercato per forme di finanziamento alternativo alle imprese, è il ragionamento dei tecnici. Tra le ipotesi circolate ci sarebbe anche quella di una garanzia pubblica su queste forme di investimento e resta in campo anche il confronto con i fondi pensione per concentrare parte del patrimonio gestito (43 miliardi) in investimenti sull’economia reale nazionale partendo dal credito d’imposta attivato un anno fa dal governo.

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