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Migranti, l’Italia è un paese di transito: nel 2015…

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rapporto cese

Migranti, l’Italia è un paese di transito: nel 2015 flessione di nuovi arrivi (-7,4%)

Migranti rappresentati come invasori, criminali, che rubano il lavoro. È frequente la manipolazione politica e una narrazione che crea allarmismi tra la popolazione generalizzando singoli episodi, specialmente prima delle elezioni. Questi alcuni dei dati che emergono dal rapporto presentato dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) a Bruxelles basato sulle missioni compiute in undici paesi Ue, e che riporta il punto di vista delle organizzazioni della società civile sulla situazione dei rifugiati.

L'Italia è un paese di transito per i migranti che vogliono raggiungere in realtà altri paesi. I migranti non vogliono farsi identificare sul territorio italiano per non essere costretti a chiedere l'asilo nel nostro paese e non poter raggiungere ad esempio il Nord Europa.
Rispetto al 2014, nel 2015 si è registrata una piccola riduzione dei migranti in arrivo in Italia , -7,4%, ma guardando al mese di gennaio 2016 il trend sembra essere di nuovo in crescita.

Preoccupante è l'alto numero di minori non accompagnati che arrivano nel nostro paese e che non vengono accolti in strutture adeguate. C'è ancora molto da fare, secondo il Cese, per l'integrazione, l'accesso ai servizi di assistenza sanitaria, gli alloggi adeguati, il riconoscimento delle competenze professionali. All'età di diciotto anni rischiano di perdere la protezione e il permesso di residenza, non sempre riescono a frequentare scuole e apprendere le competenze necessarie per integrarsi nel mondo del lavoro. In Italia il tasso di disoccupazione tra i migranti è aumentato precipitosamente a causa della crisi e, dal momento che nel nostro paese per avere il permesso di soggiorno si deve avere un lavoro, il lavoro in nero e lo sfruttamento sono aumentati , soprattutto nel settore agricolo dove dilaga il caporalato con lavoratori stagionali. La disoccupazione, hanno insistito le Ong ascoltate dal CESE (come CIR, Migrantes, Anolf Nazionale, Acli e Centro Astalli) e i principali sindacati, non è determinata dai flussi di migranti ma dalla crisi economica. I migranti infatti cercano di spostarsi o finiscono preda del lavoro nero, svolgono lavori nei settori delle pulizie, del catering, del turismo e del lavoro domestico. Spesso senza assistenza di base e finendo vittime del crimine organizzato. In particolare, il Centro Casa Suraya ha evidenziato come le donne migranti, soprattutto provenienti dalla Nigeria, e richiedenti asilo vengano ingaggiate dalla criminalità e finiscano costrette alla prostituzione al traffico umano, dopo essere state ingannate con la promessa di un buon lavoro e convinte a lasciare i centri di accoglienza in questo modo.

Drammatica è anche la mancanza di un sistema europeo che monitori le persone disperse o quanti hanno perso la vita. Nessuno è responsabile per il recupero dei corpi. Nessuno si assume la responsabilità di riunire le persone che sono state separate dalla propria famiglia durante i naufragi. L'inserimento, poi, come spesso avviene, di un gran numero di migranti in piccole città o quartieri crea non pochi problemi di convivenza e coesione sociale, le autorità locali hanno bisogno di tempo per promuovere l'integrazione. I migranti appartengono ad almeno trenta differenti nazionalità: la maggior parte proviene dalla Siria, dal Senegal, dal Gambia, dal Pakistan, dall'Eritrea, dalla Nigeria, dall'Afghanistan e dal Mali. Il 65% proviene dalla Libia. Secondo L'Unhcr le procedure per le richieste d'asilo negli hotspots, centri di registrazione, vengono filtrate in base all'etnia di appartenenza dei migranti, violando chiaramente la Convenzione di Ginevra.

Tra le azioni raccomandate dal Cese: ridurre gli arrivi irregolari con maggiori controlli esterni alle frontiere, garantendo però protezione a chi ne ha bisogno per ragioni umanitarie creando passaggi sicuri. Prevenire sfruttamento, traffico di essere umani, violenze e morti. Necessario anche il rafforzamento del ruolo di Frontex. Le Ong e il Cese raccomandano inoltre un sistema di politica comune di asilo e immigrazione basato sul rispetto dei diritti umani, i valori europei di solidarietà e responsabilità condivisa. Finora il regolamento di Dublino si è dimostrato inadeguato. Non deve mancare il supporto alle organizzazioni della società civile che hanno giocato un ruolo importante spesso colmando i gap delle autorità nazionali e regionali. Soprattutto si deve cambiare narrazione: è necessario mostrare pubblicamente il supporto all'accoglienza dei rifugiati, anche i media hanno un ruolo importante e il tema dei rifugiati deve essere de-politicizzato. Si deve lavorare su un'integrazione di lungo termine attraverso l'inclusione nei sistemi scolastici e di formazione, il riconoscimento delle competenze, corsi di lingua e di educazione civica. Tutto questo dovrebbe partire fin da quando si avviano le procedure per le richieste d'asilo.

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