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Il «feeling» tra Salvini e la Le Pen

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Il «feeling» tra Salvini e la Le Pen

  • –Barbara Fiammeri

«Se vince Trump, se Putin continua a fare quello che sta facendo, se la Le Pen avanza in Francia e se in Gran Bretagna il referendum va come va, il mondo cambia in meglio»: è questo il nuovo pantheon della Lega di Matteo Salvini. Dopo aver rotto con Berlusconi a Roma e Torino, il leader del Carroccio si presenta a Milano per ricevere, Marion Le Pen, vicepresidente del Front National guidato dalla zia Marine che della Lega era stata ospite il mese scorso. Un legame destinato a cementarsi perché - come sottolineato dalla giovane Le Pen - «abbiamo molti progetti in comune su temi come l’identità e la difesa della famiglia naturale».

Ma la svolta sempre più a destra di Salvini è destinata anche a ridisegnare i rapporti di forza in Italia. Salvini ha scelto di lasciare sullo sfondo il vessillo del Carroccio, che puntava sulla rivalsa del Nord produttivo, per cavalcare temi più nazionalisti come la difesa dei confini dagli sbarchi degli immigrati.

Una scelta che però rischia di trasformarsi in una resa, nella rinuncia all’ambizione di governare il Paese. Anche la rottura con Berlusconi lo conferma. La crisi del Cavaliere e di Fi non viene sfruttata dal leader della Lega che sembra essere interessato più a fare concorrenza a chi punta sull’antipolitica come il M5s, che a recuperare gli elettori forzisti delusi. Una strategia che se si è rivelata finora vincente, ma che alla lunga si potrebbe invece pagare. E lo dimostrano i numeri. Tutti i sondaggi danno la Lega ferma non oltre il 15%. Per crescere Salvini dovrebbe quindi o togliere voti a Grillo oppure recuperare gli orfani del berlusconismo, ovvero quella classe media, di imprenditori e professionisti, che più che agli slogan contro gli immigrati è interessata a come si governa. E il primo ad esserne consapevole è forse proprio Salvini che anche per questo ha preferito lasciare che a Milano corresse un moderato come Stefano Parisi. È vero che la Lega governa in Regioni come Veneto e Lombardia con ottimi risultati, visto il ritorno elettorale. Ma Zaia e Maroni, a differenza di Salvini, non indossano le felpe e stanno ben attenti a evitare fratture con gli alleatigrazie ai quali sono diventati governatori. In caso contrario potrebbero ritrovarsi come Marine Le Pen: grandi titoli sull’avanzata del Front ma nessuna regione e difficilmente l’Eliseo.

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