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Confcommercio: nel 2016 Pil a +1,6% grazie ai consumi, ma si rischia una revisione al ribasso

Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli
Presidente di Confcommercio Carlo Sangalli

CERNOBBIO - Da Cernobbio spira un vento di cauto ottimismo sull'economia italiana. Confcommercio prevede per quest'anno e per il prossimo una crescita dell'1,6% del Pil, ma sul dato del 2016 c'è il rischio di una revisione al ribasso. A dare lo slancio sono le stime sulla crescita dei consumi (+1,4% e +1,7%, rispettivamente) e una dinamica sufficientemente sostenuta degli investimenti fissi lordi (+3,0% e +3,7). Le nuove stime sono state diffuse oggi dall'ufficio studio di Confcommercio - all'avvio del Forum organizzato a Cernobbio - che ha anche calcolato quanto l'Italia guadagnerebbe se si liberasse dai suoi tradizionali lacci e lacciuoli: il recupero sarebbe di ben 16 punti di Pil per 230 miliardi. «Va bene il cortisone di Draghi, e meno male che c'è, ma abbiamo bisogno di terapie specifiche che dipendono solo da noi», ha detto all'apertura del forum il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli.

Le previsioni sul Pil
La crescita per il 2016 dell'1,6% del Pil sarà sostenuta come detto soprattutto dai consumi e degli investimenti. Per i consumi è attesa una crescita dell'1,4%, contro l'1,1% del 2015, mentre gli investimenti fissi lordi dovrebbero salire del 3%, rispetto allo 0,8% dello scorso anno. Sempre ferma l'inflazione, 0,2% annuo contro lo 0,1% del 2015. Secondo il direttore, Mariano Bella, il 2016 «presenta un puzzle di informazioni di difficile composizione: la fiducia di famiglie e imprese resta sui massimi, i consumi a gennaio appaiono deboli, i dati sull'occupazione sono positivi», mentre «la deflazione appare più un pericolo teorico che una reale minaccia». Le tendenze «dovrebbero rafforzarsi moderatamente nel prossimo anno – aggiunge Bella -. Non c'è nulla di straordinario e nulla di cui rallegrarsi con particolare enfasi per l'eventuale realizzazione di questo quadro macroeconomico».

Taglio delle tasse resta priorità
Quanto guadagnerebbe la nostra economia se tutte le Regioni avessero la burocrazia della Valle d'Aosta, l'indice di legalità del Trentino, l'accessibilità delle infrastrutture del Piemonte e il capitale umano della Lombardia? Secondo Confcommercio in termini di prodotto lordo il recupero assumerebbe consistenza stratosferica pari a circa 230 miliardi di euro, con un balzo di oltre il 16 punti di Pil. Questo però è un “esercizio di fantasia”, precisa Confcommercio, che sottolinea come questi aggiustamenti richiederebbero anni di
tempo e in alcuni casi sono difficilmente raggiungibili. In ogni caso se ci fossero miglioramenti più verosimili il Pil crescerebbe comunque del 3,2% per circa 45,3 miliardi.

Per Confcommercio ridurre il carico fiscale su imprese e famiglie è e resta la priorità: «È questa la scommessa che chiediamo al governo di fare – spiega Sangalli -, a partire, innanzitutto, da un impegno di politica fiscale per scongiurare che scattino le clausole di salvaguardia». Per il presidente di Confcommercio bisogna destinare alla riduzione dell'Irpef tutte le risorse derivanti dal taglio della spesa pubblica improduttiva, dall'eliminazione di sprechi e inefficienze e dal recupero di evasione ed elusione, «compreso, naturalmente, tutto ciò che può derivare dall'utilizzo dei margini di flessibilità in Europa. Meno spesa pubblica e meno tasse è, dunque, la ricetta per un Paese più dinamico e più equo».

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