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Sinistra Pd, assist per la sopravvivenza

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Sinistra Pd, assist per la sopravvivenza

  • –Emilia Patta

Che il senatore Denis Verdini avesse cinque processi in corso era cosa nota. Tant’è che la minoranza Pd non ha certo atteso la condanna di ieri per andare all’attacco. La polemica interna al partito del premier contro il presunto “Partito della Nazione” che guarda a destra invece che a sinistra è in atto da mesi, da quando cioè Verdini ha lasciato Forza Italia per formare in Senato quel gruppo Ala che, forte di 19 teste, ha già votato le riforme costituzionali e le unioni civili assieme alla maggioranza. E colpisce che proprio ieri, giorno della sentenza del Tribunale di Roma, Bersani abbia rilasciato alla Stampa un colloquio in cui addirittura lega il suo appoggio al referendum confermativo sulla riforma del Senato e del Titolo V previsto per ottobre a una condizione extra-merito che ha al centro, ancora una volta, Verdini: «Non vogliamo che sia un plebiscito pro o contro Renzi e pensiamo che chi vota no abbia completa legittimità a restare nel Pd, e su questo pretendiamo un chiarimento politico. E inoltre non vogliamo che il referendum diventi un viatico per una nuova maggioranza politica con Alfano e Verdini». Ecco, pretendere una sorta di libertà di coscienza al referendum sulla riforma della Costituzione al quale il premier e segretario del Pd ha legato il suo destino politico («se perdiamo si va a casa») è qualcosa di più di una dichiarazione di guerra. Quanto a Verdini, Renzi stesso ha detto più di una volta che si tratta di una “alleanza” per le riforme - in continuità con lo spirito del patto del Nazareno rinnegato da Berlusconi - che non prelude ad alcuna alleanza alle prossime elezioni politiche. Anche perché con l’Italicum, con il premio alla lista e non alla coalizione, la vocazione maggioritaria è destinata a diventare realtà: non saranno possibili coalizioni né con la destra né con la sinistra, e nessuno nel Pd - neanche Bersani - pensa davvero che Renzi abbia intenzione di candidare Verdini e i suoi con il simbolo del Pd. Semmai Renzi potrebbe auspicare la formazione di una lista di centro che, se superasse lo sbarramento del 3%, potrebbe tornare utile come supporto nella prossima Camera dal momento che il premio dell’Italicum è a conti fatti di soli 25 voti.

E qui, ci pare, ci avviciniamo al vero oggetto del contendere, che non è evidentemente l’impresentabilità o meno di Verdini. Intanto i senatori verdiniani sono pericolosi dal punto di vista della sinistra dem già ora, in questo Parlamento, perché i loro voti rendono ininfluenti o meno influenti quelli della minoranza del Pd in Senato. E poi c’è una questione più generale di sopravvivenza politica, che naturalmente è la sopravvivenza di una delle tradizioni che hanno dato vita al Pd, quella di provenienza Pci-Pds-Ds, e non certo la sopravvivenza di carriere personali. Il prossimo congresso, previsto a fine 2017 e che non a caso il bersaniano Roberto Speranza ha chiesto di anticipare, sarà importante per “pesarsi” anche in vista della composizione delle liste per le elezioni politiche. Se è assai improbabile che Renzi venga scalzato dalla guida del Pd, una buona riuscita percentuale del suo competitore avrà l’effetto di garantire alla sinistra dem più seggi alla Camera e dunque più influenza politica. Per questo la minoranza del Pd ha tutto l’interesse a tenere acceso il fuoco della polemica. Su Verdini e su altro, come dimostra il caso scoppiato sempre ieri del referendum sulle trivelle che si voterà il 17 aprile: con la segreteria del Pd che per bocca dei vice Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani si schiera per l’astensione («è un referendum inutile») e la sinistra dem che con Gianni Cuperlo si schiera per la partecipazione cavalcando il tema ecologista. Ma il gioco al rialzo, che al di là delle questioni di merito che pure dividono è anche come si è visto una legittima questione di sopravvivenza politica, è molto rischioso. Non solo per Renzi. Gridare sempre al “lupo Verdini” potrebbe infatti non fidelizzare affatto gli elettori più di sinistra mentre potrebbe far scappare gli altri, visto che le liti interne non piacciono né nel centrosinistra né nel centrodestra. E se affonda la barca affonda con tutto l’equipaggio, ché come giustamente nota lo stesso Bersani fuori dal Pd lo spazio è ridotto.

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