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Verdini condannato per corruzione

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Verdini condannato per corruzione

  • –Ivan Cimmarusti

ROMA

Denis Verdini condannato a due anni, pena sospesa. Per il Tribunale di Roma avrebbe mosso «pressioni istituzionali» per far nominare Fabio De Santis provveditore alle Opere pubbliche di Toscana, Umbria e Marche. Un’operazione che sarebbe stata il «corrispettivo» per la concessione «dell’appalto per la realizzazione della scuola dei Marescialli dei Carabinieri» alla Btp dell’imprenditore Riccardo Fusi, con cui lo stesso politico sarebbe stato «legato da interessi economici». Immediata la polemica politica con la minoranza del Pd che torna alla carica contro Matteo Renzi per il sostegno del gruppo di Verdini al Governo: si dimostra, dice il senatore dem Federico Fornaro che «in questi mesi non abbiamo strumentalmente evocato fantasmi ma giustamente evidenziato i rischi connessi a questo asse preferenziale». E il M5S attacca: «Da oggi Renzi governa con il sostegno di un condannato per corruzione». «A chi strumentalizza ricordo che Verdini non è in maggioranza» replica Ettore Rosato, capogruppo Pd alla Camera.

Il reato per il quale Verdini è stato condannato è il concorso in corruzione, ipotesi formulata dalla Procura della Repubblica di Roma che ha chiesto e ottenuto la condanna per il parlamentare, oggi leader di Ala (Alleanza liberlapopolare-Autonomie). La sentenza è stata letta ieri, davanti allo stesso Verdini, dal collegio giudicante della settima sezione penale. Il procedimento è uno stralcio del precedente processo con cui sono stati già condannati Angelo Balducci, ex presidente del Consiglio superiore per i lavori pubblici, Fabio De Santis, ex provveditore alle Opere pubbliche, l’imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli e il costruttore Riccardo Fusi. «Forte delusione» è stata espressa dai difensori, gli avvocati Franco Coppi e Marco Rocchi. Con una nota, Coppi ha voluto precisare che «è una sentenza che ci sorprende e ci delude perché siamo convinti che non esista alcuna prova di responsabilità a carico del senatore Verdini». Aggiunge che «le condanne in altri processi e ad altri imputati, per fatti solo lontanamente ricollegabili al senatore hanno rappresentato una suggestione per i giudici, che possono esserne stati condizionati in qualche modo. Abbiamo intenzione di batterci in appello per ristabilire la verità». Qualcosa ce l’ha da dire anche sull’imminente prescrizione del reato: «A chi chiede se il senatore Verdini rinuncerà o meno alla prescrizione, mi limito a dire che se anche tale rinuncia è un fatto personale dell’imputato, una decisione che spetta solo a lui, dovrà passare sul mio cadavere».

Stando all’impostazione accusatoria, come formulata dal pubblico ministero Ilaria Calò, De Santis si «impegnava a far ottenere nuovamente alla Btp (di Fusi, ndr) l’appalto inerente i lavori per la realizzazione della scuola Marescialli dei Carabinieri (essendo stata in precedenza estromessa dall’appalto, successivamente aggiudicato dall’impresa Astaldi)». Come scambio, per «questa attività illecita», De Santis avrebbe «ricevuto l’utilità consistita nella sua nomina a provveditore interregionale per le Opere pubbliche per la Toscana, l’Umbria e le Marche, essendosi Fusi e Balducci adoperati per far conseguire al De Santis tale nomina». In particolare, i due si sarebbero «avvalsi dell’onorevole Verdini, il quale su sollecitazione dei predetti, agendo nell’ambito del suo ruolo politico-istituzionale, si attivava presso gli organi competenti per la nomina». Nella requisitoria, il pm ha sottolineato come nel procedimento «ci siano le prove, soprattutto a livello di intercettazioni, per dimostrare che Verdini agì insieme a Fusi, titolare della Btp, puntando a conseguire, sempre insieme, il risultato che lo stesso Fusi si prefiggeva». L’obiettivo era la restituzione alla sua impresa del cantiere per la scuola Marescialli, con la sospensione dei lavori in danno dell’Astaldi. Coma ricordato dalla pubblica accusa, la «Btp aveva vinto l’arbitrato che aveva previsto l’assegnazione di un maxi-risarcimento (in quanto l’appalto era stato in precedenza tolto, ndr), ma Fusi, che voleva fortemente riprendersi quei lavori, aveva capito che a Roma esisteva un sistema corruttivo, messo in piedi da Balducci e dal suo braccio destro De Santis».

A Verdini, dunque, è contestato di aver segnalato, nel 2008, all’allora ministro Altero Matteoli proprio il nome di De Santis per rivestire la carica di provveditore. «Una nomina definitiva eccezione dallo stesso De Santis - ha sostenuto il pm nella sua requisitoria - perché lui non era dirigente di prima fascia». L’intervento di Verdini, dunque, fu «determinate» e basato, secondo le risultanze processuali, anche su «uno storico e pacifico rapporto di amicizia e di cointeressa economica» con Riccardo Fusi.

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