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«Basta bufale su jobs act e trivelle»

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«Basta bufale su jobs act e trivelle»

  • –Manuela Perrone

ROMA

Silenziare i gufi, smentire «le bufale» sul governo. Alla vigilia della direzione del Pd convocata per domani il premier Matteo Renzi lancia una nuova sfida: sfatare le leggende metropolitane sul suo governo, alimentate fuori e dentro il Partito democratico. Un monito anche alla minoranza, che continua a tenere alta la tensione.

Renzi comincia con la sofferta e bistrattata riforma del lavoro, snocciolando i dati nella enews diffusa ieri: nel primo anno, ricorda il presidente del Consiglio, il Jobs Act ha prodotto più 913mila contratti a tempo indeterminato, più 468mila occupati stabili, più 221mila occupati totali. Merito sia delle norme che degli incentivi, precisa il premier: «Chi parla di questa riforma come di un fallimento dovrebbe fare i conti con la realtà». Poi aggiunge: «Avrei preferito che questa bella riforma fosse fatta da chi mi ha preceduto negli ultimi dieci anni». Un colpo anche a Enrico Letta (che in un’intervista al Corriere ha richiamato Renzi a includere, anziché «cacciare un pezzo di Pd»).Tra le bufale su cui si soffermerà nelle prossime puntate Renzi annovera le pensioni di reversibilità, l’acqua pubblica, la crescita, le riforme costituzionali che darebbero più poteri al governo, la scuola, i vitalizi. E cita il referendum sulle trivelle, l’ultimo fronte su cui si è asserragliata la minoranza dem, dal bersaniano Roberto Speranza al governatore della Puglia Michele Emiliano, contestando l’indicazione all’astensione arrivata dai vertici. In campo anche la Cei: ieri il presidente della commissione episcopale per i problemi sociali, Filippo Santoro, vescovo di Taranto, ha invitato a votare “sì” per contrastare «un’ulteriore aggressione alle coste ioniche e adriatiche».

L’orientamento per la direzione, dove la maggioranza renziana ha il 65% dei voti, è quello di chiedere l’approvazione della relazione del premier segretario, che rivendicherà innanzitutto i risultati di due anni di governo. Quel «coraggio e quella capacità di investire nelle riforme» difesi anche ieri dalla ministra Maria Elena Boschi, secondo cui «è giusto rimettere in discussione anche la riforma delle Regioni del 2001», approvata dal centrosinistra. La relazione dovrebbe poi vertere su due punti chiave: l’impegno a sostenere alle amministrative i candidati del centrosinistra usciti vincitori dalle primarie e la ratifica dell’astensione al referendum del 17 aprile, definito «inutile» dal premier. Nessuna consultazione pro o contro le trivelle, ha spiegato la vicesegretaria dem Debora Serracchiani, ma sulla possibilità che «i circa 20 impianti esistenti che danno lavoro a migliaia di persone» possano continuare a lavorare. Una norma, inserita nello Sblocca-Italia, che fu votata anche dalla minoranza, ricordano i renziani. Convinti che si tratti solo di un prepartita in vista del referendum sulle riforme costituzionali di ottobre su cui Renzi ha scommesso la sua carriera politica.

I dissidenti non mancheranno di far sentire la propria voce. «Ma nel Pd nessuno sta cacciando nessuno», ha chiarito Serracchiani replicando a Letta . E in direzione «non si parlerà di Denis Verdini». Anche se è certo che il fantasma delle alleanze aleggerà eccome. E che alla minoranza non bastano le rassicurazioni del presidente del Pd Matteo Orfini, che giura: «Grazie al premio di lista previsto dall’Italicum noi non saremo alleati di nessuno. Né di Vendola né di Alfano né di Verdini».

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