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Un paradosso che si supera puntando sul merito

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analisi

Un paradosso che si supera puntando sul merito

Paradosso Italia, anzi paradossi Italia. Ultimi assoluti dopo la Turchia con il 24% dei laureati nella fascia di età 25-34 anni contro la media del 41% dei Paesi Ocse, eppure non riusciamo a impiegare tutti i nostri laureati secondo le competenze e in coerenza con il titolo di studio conseguito. Quindi un Paese undereducated che soffre di overeducation e di skill mismatch.

Il tutto avviene proprio mentre, con poca convinzione e nessuna coerenza, proclamiamo che questa è l'era delle competenze e delle conoscenze.


Analizzando in particolare i dati di AlmaLaurea sui laureati magistrali del 2013, emerge che a un anno dalla laurea l'efficacia del titolo, ovvero l'utilizzo di quanto appreso durante il percorso accademico, è scesa rispetto al 2007 di cinque punti percentuali (dal 51% al 46%), calando maggiormente per gli indirizzi umanistici, fatta eccezione per l'insegnamento, ma seppure in misura minore anche per gli indirizzi medico, giuridico, linguistico. Segni positivi si registrano solo per gli indirizzi di ingegneria, chimico farmaceutico ed educazione fisica. Resta vero che a cinque anni dal titolo l'efficacia cresce per tutti i gruppi indagati: a conferma del fatto che la laurea continua a rappresentare un investimento vantaggioso contro la disoccupazione.

Ad aggravare il quadro arrivano i dati Eurostat secondo cui la quota di occupati nelle professioni ad elevata specializzazione - correlate a contesti caratterizzati da innovazione e internazionalizzazione - in Italia nel 2013 è ferma al 17,4% contro la media europea del 24,2% e la punta del 35,1% della Gran Bretagna.

Paradosso si aggiunge a paradosso se poniamo mente al fatto che - secondo i dati della Commissione Europea sull'impatto dell'«Erasmus+» - dopo il tirocinio il 51% degli italiani riceve un'offerta di lavoro rispetto al 30% della media europea. Bontà delle nostre scuole e bravura dei nostri giovani, valorizzati dagli altri Paesi e traditi dal proprio.

Le cause dello scollamento tra istruzione e professione dei giovani in Italia? Molteplici. In testa senza dubbio la recessione 2007-2013 che ha colpito molte coorti di laureati; a seguire gli inadeguati investimenti in formazione e ricerca; il blocco del turnover nel pubblico; la poca o nulla attenzione nei confronti del capitale umano giovanile (gioverebbe ricordare che capitale deriva da caput, la testa); il mancato riconoscimento del merito che fatica a trovare diritto di cittadinanza in questo Paese.

Per questo è sempre più urgente e necessaria l'alleanza strutturale tra tre attori: le università, chiamate a parametrare corsi sulla domanda più che sull'offerta e a rivedere radicalmente il 3+2, spingendo sulle lauree brevi professionalizzanti parallele e non subordinate a percorsi di laurea specialistica; le imprese, chiamate a valorizzare i laureati e a investire in ricerca e internazionalizzazione; la politica, chiamata a privilegiare la formazione, incentivare le carriere sulla base del merito e non dell'anzianità, creare opportunità occupazionali.

Parliamo di lavoro: un diritto iscritto nella dignità umana prima di essere scritto sulla carta costituzionale.

Presidente di AlmaLaurea

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