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Un futuro in salsa francese e meno brasiliana

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ANALISI

Un futuro in salsa francese e meno brasiliana

  • –di Marigia Mangano

Per il mercato il cambio alla guida di Telecom Italia significa almeno due cose. Primo che i francesi di Vivendì sembrano davvero intenzionati a dettare la linea. Secondo che la cessione del Brasile è oggi più concreta. Con conseguenze, finanziarie e non, tutte da pesare.

Sul primo punto, il gruppo presieduto da Vincent Bolloré ha costruito in meno di un anno una posizione che nessun azionista privato ha mai avuto nell’incumbent tricolore. Una scalata a tutti gli effetti, partita quasi in sordina, soprattutto se si pensa che l’ingresso con l’8,3% è avvenuto come parziale contropartita del passaggio della brasiliana Gvt dal gruppo francese a Telefonica. Non era del resto pensabile che il primo socio di Telecom Italia con quasi il 25% e che nella partita ha investito più di 3 miliardi, potesse restare in silenzio cullando una illusione, quella di public company, di fatto già naufragata con la bocciatura del progetto di conversione delle azioni di risparmio. Tant’è che i francesi sono entrati nel board, hanno incrementato la quota azionaria e hanno messo loro rappresentanti nei comitati. Preparando di fatto il terreno per dare il là all’attuale cambio al vertice.

Da tempo, d’altra parte, si stava vociferando di consultazioni avviate dai transalpini per trovare il sostituto di Patuano. Formalmente la goccia che ha fatto traboccare il vaso nell’ambito dei rapporti tra Patuano e Vivendi è stato l’esito dell’impairment test e le svalutazioni della quota di Tim Brasil che hanno portato in rosso per 72 milioni i conti di Telecom Italia. E proprio attorno all’asset brasiliano, la cui strategicità è stata difesa fino ad ora da Patuano, rischia di esserci l’effetto più dirompente dell’avanzata francese. Vivendi, del resto, è uscita dal Brasile, cedendo Gvt a Telefonica e Arnaud de Puyfontaine, che è l’ambasciatore designato a trattare gli affari della compagnia in Italia, sollecitato a esprimersi sul tema Tim Brasil, non più tardi della scorsa estate se ne era uscito con un sibillino: «Bisogna essere realisti».

Ricapitolando, probabilmente il nuovo corso francese di Telecom Italia si tradurrà in una accelerazione della vendita della controllata carioca. A che prezzo è tutto da vedere alla luce delle perdite dovute al peggioramento delle condizioni macroeconomiche del Paese.

Brasile, ma non solo. Il tema centrale della strategia della nuova Telecom è evidente che sarà l’integrazione tra reti tlc e contenuti se si pensa che la campagna d’Italia di Bolloré passa anche da un’alleanza con Mediaset Premium.E intorno a questo punto chiave ruoteranno poi altre questioni, dal taglio dei costi agli investimenti e alla banda ultralarga. Al momento Telecom prevede 600 milioni di risparmi nei tre anni nei quali ha programmato 12 miliardi di euro di investimenti, il più grande piano di una società privata in Italia. Una maggiore riduzione dei costi sarebbe tra i punti di divergenza tra Patuano e i francesi, che avrebbero chiesto un ulteriore taglio di un miliardo. Probabilmente qualche efficienza si può ancora fare. Ma non si può non considerare che la precedente gestione aveva già ridotto la base dei costi di 5 miliardi in 5 anni.

Dove reperire le risorse? Secondo gli analisti le alternative non sono molte: una ristrutturazione societaria (si riapre il file brasiliano) o un importante taglio dei dipendenti. Oppure, non ultimo, la riduzione strutturale dei costi si otterrebbe con una rete nuova di zecca, ma per farlo occorrerebbero ulteriori investimenti. E qui bisogna capire se Vivendi sarà pronta a sostenere un piano di questa portata. Bollorè ha promesso al premier Matteo Renzi il suo sostegno all’ammodernamento della rete, che il Governo considera un elemento chiave per la crescita del Paese. Ma Vivendi sarà disposto a sostenere i progetti di crescita anche con un massiccio aumento di capitale?

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