Italia

Legge sui partiti, lite Pd-M5S

  • Abbonati
  • Accedi
(none)

Legge sui partiti, lite Pd-M5S

  • –Manuela Perrone

ROMA

Niente esclusione dalle elezioni per i partiti che non si dotano di statuto e personalità giuridica. Ma «garanzie ai cittadini sui partiti che voteranno», perché l’obiettivo resta uno: «Portare democrazia e trasparenza nelle formazioni politiche». È questo, come ha sottolineato il relatore Matteo Richetti, l’orientamento concordato ieri dal Pd sulla riforma dei partiti durante una riunione tra i deputati dem in commissione Affari costituzionali della Camera e gli autori dei quattro ddl depositati (il vicesegretario dem Lorenzo Guerini, Paolo Fontanelli, Roberta Agostini e Sandra Zampa), a cui se ne aggiunge un altro targato Udc. Il testo base in commissione , dove si sono appena concluse le audizioni, sarà pronto entro metà aprile.

La riforma, che punta all’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione, apre un altro fronte di scontro con il M5S, che ha sempre letto l’intervento legislativo sui partiti e la clausola di esclusione (prevista dalla proposta Guerini-Orfini) come una strada per tagliare le gambe al Movimento, che rifugge le forme classiche di organizzazione dei partiti. Il capogruppo in commissione Danilo Toninelli ha esultato: «Il primo tentativo del Pd di cancellare il M5S è fallito miseramente dietro il loro analfabetismo costituzionale: come hanno confermato tutti gli esperti, limitare la partecipazione alle elezioni per mancanza di uno statuto o della personalità giuridica è incostituzionale». «Stop a strumentalizzazioni», ha replicato Richetti, confermando che non ci sarà alcun «intervento punitivo» ma avvertendo: «Nessuno gridi all’attacco sventato, perché l’unico attacco è quello all’opacità e alla mancanza di trasparenza, che qualcuno contrabbanda come partecipazione». Indubbio che un passo indietro del Pd sia stato fatto, anche se è in programma un seminario il 30 marzo tra i deputati dem per trovare una sintesi. La personalità giuridica come requisito per partecipare alle elezioni era già stata proposta nel 2013 in un ddl Finocchiaro-Zanda presentato in Senato e aveva già suscitato malumori. Persino Matteo Renzi l’aveva bocciata, sostenendo che «se vuoi vincere le elezioni non puoi squalificare gli altri». Eppure nel 2015 è rispuntata, a Montecitorio, firmata dal vicesegretario e dal presidente dem. Ma la norma non convince tra gli altri il relatore Richetti e il presidente della commissione Andrea Mazziotti (Scelta Civica), secondo cui «è di incerta costituzionalità, perché l’articolo 49 dice che i cittadini hanno diritto di associarsi in partiti».

Il testo percorrerà altre strade. Come introdurre incentivi (ad esempio convenzioni con sale pubbliche) per favorire l’iscrizione all’albo dei partiti prevista dalla legge sul finanziamento pubblico, che finora i Cinque Stelle non hanno effettuato. Aperta anche la questione delle primarie per legge: «folle» per il M5S, divisiva per Forza Italia (contrari Silvio Berlusconi e la deputata Elena Centemero, mentre Renato Brunetta apre a «regole certe, su base volontaria»). C’è infine il tema della trasparenza. «Serve soltanto sui finanziamenti privati, di cui invece non si discute», dice Toninelli. Mazziotti invece fa notare: bisogna chiarire i diritti degli iscritti, come quello a conoscere i meccanismi decisionali dei partiti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA