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Il caso del kamikaze passato in Italia

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Il caso del kamikaze passato in Italia

  • –Ivan Cimmarusti

Una rete di supporto logistico al terrorismo internazionale. Dal transito di jihadin in Italia, come quello del luglio scorso di Kahalid El Bakraoui, l’attentatore suicida della metropolitana di Maelbeek a Bruxelles, fino alla fabbricazione di documenti falsi tra Campania e Puglia, di cui sta parlando con la Procura della Repubblica di Bari Ridha Shwan Jalal, sedicente avvocato iracheno arrestato per associazione con finalità terroristica.

L’Italia, dunque, è una sorta di porta d'ingresso verso gli stati del Nord Europa ma anche un territorio di passaggio per raggiungere la Grecia, dove le autorità di polizia ritengono esserci cellule di matrice jihadista. Il 23 luglio scorso Kahalid El Bakraoui parte da Bruxelles con volo Ryanair, per atterrare all’aeroporto di Treviso. Quella notte, stando ai riscontri, pernotta all’hotel Courtyard by Marriott Venice Airport di Venezia, per poi prendere un altro volo della compagnia Volotea con destinazione Atene. Lo spostamento dell’attentatore suicida di Bruxelles assume rilievo investigativo se incrociato con il passaggio in Italia, del 1° agosto successivo attraverso il porto di Bari, di Salah Abdeslam, ex super latitante per le stragi di Parigi del 13 novembre scorso, arrestato a Bruxelles il 18 marzo, quattro giorni prima gli attentati all’aeroporto e alla metropolitana della capitale belga. Abdeslam - che ha avviato una collaborazione con l’autorità giudiziaria del Belgio, salvo poi tornare sui suoi passi - era stato ad Atene, per poi rientrare il 6 agosto successivo in Italia, attraverso il porto di Bari. E forse non è un caso se in quelle ore un altro personaggio sotto inchiesta tentava di imbarcarsi a Bari per la Grecia: il presunto avvocato Ridha Shwan Jalal, arrestato pochi giorni fa per documenti falsi e terrorismo internazionale, già in sospetti rapporti con Muhamad Majid - condannato a Milano per associazione di tipo terroristico - anche lui arrestato a dicembre scorso nel capoluogo pugliese. Ridha Shwan Jalal ha avviato una collaborazione con i sostituti procuratori di Bari, Renato Nitti e Roberto Rossi. I magistrati stanno passando al setaccio le sue dichiarazione per comprenderne la portata. Di fatto l’uomo nega di essere parte del terrorismo internazionale ma ammette di essere in rapporti, per questioni attinenti la sua professione di avvocato, con i più alti vertici del terrorismo. Il suo nome, inoltre, è al centro di un'inchiesta per documenti falsi. Indagine simile a quella che a Salerno ha portato all’arresto di Djamal Eddine Ouali, bloccato il 26 marzo sulla base di un mandato di cattura internazionale del Belgio. L’uomo che proclama la propria innocenza («Non sono un terrorista, non so nulla di terrorismo e neppure di documenti falsi»), stando ai riscontri, avrebbe fornito i documenti falsi allo stesso Salah Abdeslam e a Mohammed Lahlaoui, uno dei due kamikaze di Zaventem. Quest’ultimo, in particolare, risulta essere un marocchino che ha vissuto a Vestone, nel bresciano, tra il 2007 e il 2014, dove è finito ai domiciliari per reati contro il patrimonio e la persona. Due anni fa fu espulso ma anziché tornare in Marocco è andato in Germania. Il transito in Italia di terroristi islamici accende la polemica politica sui servizi segreti: «Un Paese colabrodo, una terra di nessuno» è l’attacco che arriva da Forza Italia.

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