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Sappada, si arena il sogno del paese che vuole passare dal Veneto al Friuli

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la storia

Sappada, si arena il sogno del paese che vuole passare dal Veneto al Friuli

Una veduta di Sappada (Marka)
Una veduta di Sappada (Marka)

“Schanni!” I sappadini avevano detto addio al Veneto in Plodarisch, il dialetto germanofono che si parla anche in Carnia. E Zaia il temporeggiatore (“il 2016 sarà l'anno del referendum per l'autonomia”, proclama) aveva incassato con apparente imperturbabilità la trasmigrazione che rischiava di contagiare l'intera provincia di Belluno, di cui Sappada faceva parte prima di avviare il percorso di “adozione” al Friuli Venezia Giulia, cominciato con il trionfo dei sì al referendum nel 2008. Usiamo il passato perché fino a qualche giorno fa la lezione di Sappada sarebbe stata raccontata come un piccolo trattato sull'autodeterminazione. Erano bastati due uomini ostinati, nel caso specifico il commerciante di occhiali Alessandro Mauro e il maestro di sci Danilo Quinz, disposti ad alzarsi alle quattro della mattina, volare in auto alla stazione ferroviaria di Mestre (“da Calalzo a Mestre in treno ci vuole più tempo che da Mestre a Roma” osserva Quinz), saltare su un Frecciarossa per la Capitale e presentarsi in giacca e cravatta a Montecitorio. Una spola durata otto anni. Come la goccia che scava le montagne, Mauro e Quinz non si sono mai stancati di cercare alleati. Racconta Mauro: “Nessun parlamentare ci ha mai negato il suo aiuto. Tutti d'accordo con il nostro passaggio al Friuli. Almeno a parole”.

La storia è semplice: Sappada, Plodn in dialetto, è un'enclave germanofona incuneata tra la Carinzia, il Cadore e le Alpi carniche friulane. Un'ora di auto da Belluno e Udine, ma per cultura, sentimento e tradizione i milletrecento sappadini gravitano sulla provincia di Udine, di cui erano parte integrante fino al 1852. Sappada è una delle più rinomate località sciistiche della zona, una specie di Cortina del Cadore, con gli impianti di risalita collegati alle piste friulane e masi dall'inconfondibile stile tirolese (San Candido è vicinissima). Il 98% dell'economia gira intorno agli sport invernali, gli hotel e gli impianti di risalita. Inevitabile il confronto con Bolzano e il Friuli, dove mamma Provincia e mamma Regione (entrambe autonome) foraggiano con società pubbliche gli investimenti per gli impianti di risalita e la promozione turistica. A Sappada fanno due conti e ammettono di trovarsi in una situazione di inferiorità conclamata. Ogni cinque o dieci anni, quando gli impianti vanno rinnovati con decine di milioni di investimenti, decine di soci – albergatori, artigiani, commercianti - si autotassano. Ma nel giro di quindici anni tre società nate a questo scopo falliscono. Daniele Kratter, un imprenditore di Sappada, scende ripetutamente a Palazzo Ferro Fini, sede veneziana della Regione Veneto, per chiedere aiuto. Racconta Kratter: “Ci facevano rimbalzare da un dirigente all'altro per poi concludere sempre allo stesso modo: non ci sono soldi”.

Nel 2008 si raccolgono le firme per indire il referendum. Volete che il territorio del Comune di Sappada si separi dal Veneto per entrare a far parte del Friuli Venezia Giulia? 860 sì e 41 no. Sembra fatta, ma è l'inizio di un' arrampicata di ottavo grado. Mauro e Quinz pianificano le mosse. E chiedono al Veneto e al Friuli, oltre che a Belluno e Udine, di ratificare prima l'uscita e poi l'ingresso nella nuova Regione. I veneti prendono tempo. E inseriscono nell'ordine del giorno del consiglio regionale il passaggio a Trieste solo quando un centinaio di sappadini guidati da Mauro e Quinz accerchiano la sede di Palazzo Ferro Fini. A cinque anni dal referendum arriva un'altra brutta notizia. Per sedare la rivolta dei Comuni di Lombardia e Veneto al confine con il Trentino-Alto Adige, il governatore del Veneto Giancarlo Galan e il suo omologo sudtirolese Luis Durnwalder firmano un accordo con cui si da vita al cosiddetto fondo Brancher – dal nome dell'ex ministro delle Riforme del governo Berlusconi – 80 milioni l'anno fra Trento e Bolzano. Obiettivo: frenare gli impulsi secessionisti di Comuni sedotti dall'esempio di Sappada e Lamon, un altro paesino della provincia di Belluno che dopo un referendum ha chiesto senza successo il passaggio alla provincia autonoma di Trento. Dall'accordo Galan-Durnwalder restano fuori però tutti i paesi sulla linea di confine con il Friuli, Sappada compresa. Il sindaco, Daniel Piller Hoffer, scuote la testa: “Ci hanno esclusi da fondi per milioni di euro, soldi fondamentali per la nostra economia”. Una discriminazione che rinfocola la battaglia per il passaggio a Trieste. A Roma è il costituzionalista ed ex senatore Stefano Ceccanti a consigliare i passaggi istituzionali: “Prima la commissione Bilancio, poi l'aula”.

Un suggerimento fondamentale. Lamon non è mai passata a Trento perché l'adesione fu discussa in aula senza il preventivo lasciapassare del Mef, il ministero dell'Economia e delle finanze. A Sappada la commissione dice sì. Ci sarebbe un mancato introito di 700milaeuro, pochi spiccioli, compensato, aggiunge il senatore e viceministro Enrico Morando, dal risparmio dei costi sanitari che saranno attribuiti al bilancio del Friuli. Insomma, un trasloco a costo zero. Mancava solo la discussione in aula a Palazzo Madama, fissata tra il 15 e il 17 di marzo dalle senatrici del gruppo tosiano di Fare!, alleati dei sappadini. L' effetto valanga era già innescato: gli attivisti di Bard, il movimento degli autonomisti dolomitici, chiedevano a suon di manifestazioni popolari che Belluno diventasse provincia autonoma come Trento e Bolzano. Sul più bello, quando ormai lo spumante dei sappadini era infilato sotto la neve, pronto per i festeggiamenti, è scattata la reazione tardiva e allo stesso tempo fulminea del Pd per mano di Gian Claudio Bressa, sottosegretario agli Affari Regionali, e Roger De Menech, plenipotenziario bellunese dei fondi Brancher. Prima interviene l'ordine del giorno della Provincia di Belluno, che tra le urla dei sappadini si rimangia il passaggio a Trieste, poi con un blitz a Palazzo Madama, complice la Serracchiani nel duplice ruolo di governatore e vicesegretario di Matteo Renzi, il Pd stralcia la discussione in aula. “È una porcata!” ringhiano Mauro e Quinz. Che preparano azioni clamorose di protesta.

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