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braccio di ferro diplomatico

Regeni, Renzi: ci fermeremo solo davanti alla verità. Conclusa la missione degli investigatori italiani al Cairo

«Ci fermeremo solo quando troveremo la verità, quella vera e non di comodo». Dagli Stati Uniti arriva la risposta del premier Matteo Renzi, a Chicago, sul caso Regeni. «Il dolore della famiglia Regeni - ha detto Renzi all’indomani della conferenza stampa dei genitori del ricercatore italiano ucciso in Egitto - è quello di tutta l'Italia, noi siamo con il cuore, la mente e le azioni concrete a sostegno della famiglia e lo abbiamo detto in tutte le sedi pubbliche, istituzionali e private».
«È una vicenda molto complicata - ha aggiunto Renzi - è seguita dal procuratore di Roma, uno dei magistrati più importanti, autorevoli e capaci d'Italia, con degli inquirenti di prim’ordine. È chiaro che noi speriamo che si possa finalmente trovare il colpevole o i colpevoli. Questo non restiruirà Giulio alla sua famiglia ma restituirà onore all'Italia, all'Egitto e a tutti quelli che stanno soffrendo per questa incredibile vicenda».
Dunque, ha assicurato Renzi «massimo impegno, massimo supporto, massimo sforzo delle autorità italiane perché i magistrati italiani possano avere l'accesso a tutte le carte e questo avverrà grazie al lavoro della Procura di Roma. Noi siamo impegnati affinché ciò accada senza alcun tentennamento».
«Lo abbiamo detto - ha concluso - lo dobbiamo alla famiglia Regeni, al popolo egiziano e al popolo italiano».

Missione conclusa al Cairo per gli investigatori italiani

Intanto è atteso tra oggi e domani il rientro in Italia del pool di investigatori spediti al Cairo dalla procura di Roma per fare luce sull’omicidio del giovane friulano. Missione conclusa. Il gruppo è costituito da tre carabinieri del Ros e da altrettanti funzionari dello Sco. Rimpatrio deciso alla luce dell'incontro che la polizia di Roma e quella del Cairo avranno nella capitale il 5 aprile prossimo per fare il punto della situazione. In quell'occasione, così come anticipato dal procuratore generale della repubblica araba d'Egitto Nabil Sadeq al capo della procura di Roma Giuseppe Pignatone, le autorità egiziane consegneranno atti della loro inchiesta, da tempo sollecitati nel quadro degli accertamenti affidati al pm Sergio Colaiocco. Tra gli atti richiesti ci sono i video delle telecamere a circuito chiuso delle zone in cui Regeni doveva transitare il 25 gennaio scorso, giorno della sua scomparsa, i dati relativi alle celle telefoniche per verificare gli spostamenti del ricercatore universitario ed i dati completi dell'autopsia eseguita nel paese nordafricano.

Gentiloni: «pronti ai passi necessari»

Dopo le parole ferme dei genitori di Giulio Regeni, oggi il ministro degli Esteri ribadisce la posizione del Governo su un caso che rischia di mettere in seria crisi le relazioni diplomatiche e commerciali tra Italia e Egitto. Ieri i genitori di Giulio avevano chiesto con forza che si faccia luce, con la scadenza al 5 aprile per avere la verità dagli egiziani, «altrimenti confidiamo in una risposta forte da parte del Governo, hanno detto. Parole sostenute da una mobilitazione nazionale e internazionale per far luce sulla morte e sulle torture subite dal giovane ricercatore italiano scomparso al Cairo lo scorso gennaio il cui corpo fu rinvenuto la sera del 3 febbraio.

«La fermezza e la dignità dei genitori di Giulio Regeni - ha replicato Gentiloni in un’intervista al Corriere della Sera - sono davvero esemplari. Motivo in più per le istituzioni per insistere con coerenza e altrettanta fermezza. Sulle risposte egiziane - ha poi chiarito - sentiremo in primo luogo le valutazioni del procuratore Pignatone. Se non abbiamo risposte convincenti, compiremo i passi conseguenti». Il titolare della Farnesina ha spiegato che dal Governo egiziano si esige «la verità, ossia l'individuazione dei responsabili» e colleborazione investigativa. Quest'ultima ha poi aggiunto «a nostro avviso deve fare un salto di qualità, perché anzitutto non sono stati consegnati tutti i documenti e materiali che abbiamo richiesto. Inoltre occorre poter svolgere almeno una parte delle indagini insieme. La collaborazione non può essere solo formale» avverte il ministro. «Lo stillicidio di piste improbabili moltiplica il dolore della famiglia e offende il Paese intero».

Tra le ipotesi sollevate in questi giorni anche quella di un ritiro dell’ambasciatore italiano al Cairo. Idea che non convince l’ex ministro Emma Bonino. «Il caso Regeni - dice la Bonino - ha squarciato il velo su una realtà che è molto più estesa. Credo che in risposta all'atteggiamento tenuto dalle autorità egiziane sulla vicenda di Giulio Regeni sia sbagliato ritirare l'ambasciatore. Io, anzi, farei esattamente l'opposto, rafforzerei il nostro presidio in Egitto, anche con personale specializzato, laddove sia possibile. Non ha senso indebolire la nostra ambasciata».

Intanto in Senato le opposizioni hanno chiesto senza ottenerle comunicazioni del Governo sul caso Regeni e sulla sicurezza interna. Calendario dei lavori resta così “aperto” al Senato che, per adesso, non ha fissato nell'agenda dei lavori d'aula una finestra per un'informativa del governo. Richiesta avanzata in capogruppo da Si, Gal, Lega e M5S che per ora non ha trovato una collocazione.

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