“Confindustria per l’Italia”. È il titolo del programma che Vincenzo Boccia, da ieri presidente designato di Confindustria, aveva presentato al consiglio generale del 17 marzo. Vocazione industriale da rilanciare, agendo sui fattori di competitività. Europa. Ruolo di Confindustria, di «progetto, proposta e denuncia». Dove possano convivere grandi, piccole e medie imprese, «autorevole, autonoma, capace di superare ogni residuo corporativismo, di promuovere l’innovazione, l’efficacia e l’efficienza di tutte le sue azioni». Una Confindustria «no partisan, valore irrinunciabile», ma che deve essere «attore-protagonista», capace di interpretare anche i «copioni più difficili per portare sulla scena i bisogni e le proposte delle imprese».
Una Confindustria con «l’ossessione della crescita», che possa avere la leadership del cambiamento, lavorando su tre pilastri: «identità, rappresentanza e servizi». Nella consapevolezza che «l’identità industriale è il patrimonio di valori e di saperi da cui ripartire. Spetta a noi ribadire la centralità dell’industria come principale antidoto alla stagnazione e alla bassa crescita, dalla manifattura, nostro caposaldo, all’industria delle costruzioni, dei servizi, del turismo, della cultura».
Per Boccia occorre un intervento organico di politica economica, «un’Agenda della competitività per l’Italia e per l’Europa». Quanto al governo, va sostenuto nello sforzo rinnovatore e va criticato se sbaglia, sono i concetti espressi nel testo. «Se continuerà ad essere un fattore di modernizzazione, avrà il nostro sostegno, se rallenterà la spinta, sentirà il nostro disaccordo». Nel programma, di quattordici pagine, Boccia ha passato in rassegna le questioni principali del paese. Il futuro dell’Italia resta in Europa, (e proprio in chiave europea Boccia vuole valorizzare la parte politica della riforma Pesenti, rafforzando la sede a Bruxelles). Sull'economia italiana, Boccia nel programma mette al centro la questione industriale, al cui interno vengono declinati i fattori di competitività, dalle relazioni industriali al credito, al fisco, burocrazia, capitale umano, internazionalizzazione, i nostri Sud, per citarne alcuni; i driver del cambiamento tecnologico, in particolare industria 4.0; Confindustria.
«Le relazioni industriali devono diventare un grande fattore di competitività, occorre una grande stagione di recupero di produttività»,aveva detto Boccia, all’uscita del consiglio generale del 17 marzo. Il ruolo dei corpi intermedi a suo parere si conquista: «siamo noi a dover recuperare un ruolo forte». Per Boccia, bisogna completare la riforma delle relazioni industriali «con un assetto adeguato alle sfide competitive che abbiamo di fronte», sui contratti, bisogna andare avanti con il secondo livello, «sede dove realizzare lo scambio cruciale tra produttività e incrementi salariali, con facoltà di derogare al contratto nazionale». Sottolineando che la questione contrattuale e della rappresentanza appartiene alle forze sociali.
Bisogna crescere: servono imprese «patrimonializzate e capitalizzate». Serve una politica del credito e una finanza al servizio delle imprese e puntare anche sulle reti d’impresa. Sulle riforme, quella dello Stato «è la riforma delle riforme». Sul fisco, Boccia propone lo scambio: basse aliquote, base imponibile semplificata da un lato, fine dei trattamenti privilegiati dall’altro. Prioritario il rilancio delle infrastrutture, materiali e immateriali, per aumentare la digitalizzazione del paese.
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