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Renzi: se è reato sbloccare opere, lo sto commettendo. Le…

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IL PREMIER ALLA DIREZIONE pD

Renzi: se è reato sbloccare opere, lo sto commettendo. Le indagini vadano a sentenza

«Se è reato sbloccare le opere pubbliche, io sono quello che sta commettendo reato. Per mia cultura giuridica è reato chi infrange il codice penale, non chi utilizza il diritto parlamentare». Il premier Matteo Renzi parla, nel primo pomeriggio, alla Direzione del Pd. E se non conosce cedimenti la linea, espressa già nelle ultime ore, di rivendicazione delle scelte operate dall’esecutivo i toni si fanno persino più duri. «Continueremo a sbloccare opera per opera e chiedo alla magistratura, cui va tutto il nostro rispetto, di essere inflessibile nel beccare chi commette reati e mandarli in galera». In un accenno, diretto, la polemica chiama in causa la Procura di Potenza che è al lavoro sull’affaire Tempa Rossa. «Chiedo alla magistratura italiana non solo di indagare il più velocemente possibile ma di arrivare a sentenza. Ci sono indagini della magistratura a Potenza con la cadenza delle Olimpiadi», ogni quattro anni, «e non si è mai arrivati a sentenza. Un Paese civile è un Paese che va a sentenza».

Non ho attaccato magistrati, chiesto sentenza
Passata una manciata di ore, a causa di più di qualche mugugno, il presidente del Consiglio torna sul suo pensiero. «Dire che noi abbiamo attaccato la magistratura non fa i conti con la realtà, non è accaduto, non la sfido, io ho chiesto di andare a sentenza, io ho detto che il centrodestra era quello del legittimo impedimento, noi siamo quelli che chiedono di fare velocemente i processi». I titoli dopo l’intervento iniziale in direzione erano di segno diverso. «È la dimostrazione evidente del passo in avanti che noi abbiamo fatto e la stampa no: la politica italiana è deberlusconizzata, la stampa no».

Uno spasso la “Santa Alleanza” che vota sfiducia e perde
Da diversi giorni l’attenzione si è andata concentrando sulle varie componenti dell’opposizione, per come si muoveranno concretamente nel tenere alta l’attenzione sul caso contro il governo. «È uno spasso vedere la Santa Alleanza di chi non la pensa come noi, Berlusconi, Salvini e Di Maio che pensano a mozioni insieme, se le scrivono, le votano e perdono». Di «serietà e rigore» è stata invece, secondo il presidente del Consiglio, la scelta della minoranza dem che ha rifiutato la richiesta dei pentastellati di presentare insieme la mozione di sfiducia al governo.

Astensione al referendum è sacrosanta e legittima
«Ci sia l’onestà intellettuale di riconoscere che la posizione dell’astensione a un referendum che ha il quorum, è una posizione sacrosante e legittima. Non riconoscerlo è sbagliato e profondamente ingiusto» osserva ancora Renzi in merito al referendum sulle trivelle, nel ricordare l’astensione proposta dagli allora Ds nel 2003 sull’articolo 18. «Non votare un referendum inutile e sbagliato è diritto di tutti: richiederebbe maggiore onestà intellettuale dire che è una posizione costituzionalmente corretta». La posizione del premier «è un po’ meno dura di quella di Prodi che ha parlato di un suicidio per il Paese. Prodi dice che le royalties debbano essere messe a disposizione di un principio energetico alternativo. Sono d’accordo».

Vedremo a ottobre chi perde e va a casa
Più che all’immediato i pensieri di Renzi corrono verso il momento chiave della consultazione sui cambiamenti istituzionali. «A me interessa molto più il referendum costituzionale di quello sull’energia e non perché sia in ballo il mio posto di lavoro, ma perché quello di ottobre è uno spartiacque del processo di riforme». E siccome, ragiona il premier, «vengono a dire a noi dall’alto dei settecento clic che non abbiamo il rapporto con la gente, vedremo chi ha il rapporto con la gente. Vediamo chi vince e chi perde e poi decidiamo chi va a casa».

Bcc: riforma sacrosanta, sono fiero e orgoglioso
Nelle parole pronunciate davanti ai colleghi di partito trova spazio anche la difesa di un’azione causa di diffusi malumori. «Questo governo ha iniziato una battaglia sacrosanta per tentare di cambiare il meccanismo delle popolari. Sono fiero e orgoglioso della nostra riforma». Non solo afferma questo Renzi. «Chi parla di zone grigie sappia che la questione bancaria in Toscana non ha riguardato Arezzo ma un è un po’ più a Sud, un po’ più a Ovest…», aggiunge il premier, senza citare ma probabilmente riferendosi alla vicenda che ha coinvolto Mps. «Si vada a vedere che è successo a Arezzo dove noi abbiamo commissariato Banca Etruria e dove Bankitalia ha sanzionato due volte il cda. Non è successo altrove. Se vogliamo discutere di cose è successo in altre realtà, in Veneto, nelle Marche, sono pronto. Credo sia sacrosanto che si discuta di tante operazioni bancarie».

Cuperlo al segretario: non all’altezza ruolo, fai capo non leader
Ma Gianni Cuperlo nel successivo intervento in Direzione non fa sconti al segretario-premier. L’accusa è di «danneggiare il Pd», anche se «sono convinto che per fortuna la sinistra è più grande e più ricca di tutti noi, ma mi sembrava giusto dirti queste cose in faccia». «Penso che non stai facendo il segretario e stai spingendo molti ad abbandonare il partito», è la conclusione dell’esponente della minoranza. «Forse ti applaudiranno pezzi della destra ma rischiamo di perdere pezzi della sinistra. Sento il peso di stare in questo partito, certo puoi sempre rispondermi con un “ciao” ma se il segretario del mio partito dice che siamo qui solo a difendere noi stessi non vuoi vedere cosa sia il rispetto e il desiderio di stare assieme».

Passa a larga maggioranza la relazione, 13 i “no”
Al termine della discussione l’organismo di vertice ha approvato la relazione di Renzi con 98 voti favorevoli e 13 contrari. Tra questi Pierluigi Bersani e Guglielmo Epifani, gli ultimi due segretari del Pd, a cui si sono assommati Gianni Cuperlo, Roberto Speranza, Davide Zoggia, Nico Stumpo, Margherita Miotto, Roberta Agostini, Barbara Pollastrini, Veronica Tentori, Sergio Lo Giudice. Un “no” anche dal governatore della Puglia, Michele Emiliano. I 13 “no” avevano presentato assieme ad altri componenti della Direzione, in tutto 24, un ordine del giorno che chiedeva che il partito invitasse a votare al referendum del 17 aprile sulle concessioni; ma alcuni dei firmatari hanno lasciato la Direzione prima del voto finale.

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