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Faro della Procura sul «sollecito» di Guidi a Boldrini

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l’inchiesta

Faro della Procura sul «sollecito» di Guidi a Boldrini

Un presunto “sistema lobbistico” che avrebbe operato su almeno tre livelli. Tanti quanti sono i filoni della maxi inchiesta della Procura di Potenza che conta sei arrestati (un funzionario della Regione Basilicata e 5 funzionari Eni) e 60 iscritti nel registro degli indagati, nei confronti dei quali sono ipotizzati, a vario titolo, i reati di associazione per delinquere, corruzione, traffico illecito di influenze, disastro ambientale e sversamento illecito di rifiuti. L’indagine è condotta dal procuratore Luigi Gay, dall’aggiunto Francesco Basentini e dal sostituto Laura Triassi, che coordinano gli accertamenti della squadra mobile di Potenza, al comando di Carlo Pagano.

L’emendamento

Un capitolo degli accertamenti ruota attorno all’emendamento alla legge di stabilità 2015. La norma, che era stata precedentemente bocciata nello Sblocca Italia, secondo la tesi dell’accusa avrebbe consentito alla società petrolifera Total di aggirare il veto della Regione Puglia nel progetto Tempa Rossa. Ossia, portare a Taranto il greggio estratto dalla Basilicata per poi trasportarlo all’estero. Ed è su questo capitolo che la procura di Potenza ha ascoltato ieri la ministra Maria Elena Boschi e intende ascoltare anche l’ex ministra Federica Guidi entrambe come persone informate sui fatti. Secondo la tesi accusatoria, nell’approvazione dell’emendamento avrebbe cercato di inserirsi il compagno dell’ex ministro Guidi, l’imprenditore Gianluca Gemelli, titolare delle società Its e Poggiorosso Engineering. Stando all’accusa, avrebbe commesso il reato di «traffico illecito di influenze» in quanto avrebbe indotto il dirigente di Total Italia Giuseppe Cobianchi, che risponde del medesimo reato, a credere che la successiva approvazione dell’emendamento fosse una sua operazione d’accordo con i più alti vertici di governo. In cambio, Gemelli avrebbe ottenuto una commessa del valore di oltre 2 milioni di euro oltre ad essere inserito nella “bidder list” del colosso petrolifero, così da ottenere sub-appalti per milioni di euro.

Il presunto disastro ambientale

Il secondo filone riguarda lo stabilimento Eni Co.va di Viggiano. Tutto ruota attorno a un presunto abuso d’ufficio che sarebbe stato commesso dal dirigente regionale Salvatore Lambiase e che potrebbe celare un sospetto disastro ambientale nell’area geografica di Viggiano. In particolare, è l’ipotesi d’accusa, il «dirigente dell’Ufficio compatibilità ambientale» non avrebbe adottato alcuna misura pur essendoci stati due “eventi torcia” il 13 gennaio 2014 e il 18 maggio. Gli eventi torcia sono delle vampate di fuoco dai camini che avrebbero provocato l’inquinamento dell’area circostante con «Composti Organici Aromatici; Monossido di Carbonio; Anidride Solforosa; Idrogeno Solforato; Ossidi di Azoto; Ozono; PM 10», definiti sopra la media. Per questo i magistrati hanno disposto una consulenza tecnica, che si sta svolgendo in contraddittorio con l’Eni, per stabilire se nei fatti sia stato commesso il reato di disastro ambientale nell’area geografica di Viggiano.

La legge navale del 2014

Associazione per delinquere, traffico illecito di influenze e abuso d’ufficio, invece, sono ipotizzati – a vario titolo – nei confronti del capo di Stato maggiore della marina, l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, di Gianluca Gemelli, dell’ex direttore generale del Mef, Valter Pastena, e dell’ex consulente della camera di commercio di Roma, Nicola Colicchi. L’ipotesi è che De Giorgi abbia chiesto, e ottenuto, l’immediato sblocco degli stanziamenti destinati all’ammodernamento della flotta navale, una partita che nel suo complesso arriva a 5,4 miliardi. Stando alle ipotesi sarebbe stato incaricato Pastena di sbloccare le erogazioni. Questa presunta operazione sarebbe stata compiuta da Gemelli e Colicchi, i quali avrebbero compiuto un supposto traffico di influenze, utilizzando, ancora una volta, il nome dell’ex ministro Guidi per indurre Pastena a compiere gli atti amministrativi. Gemelli ne avrebbe tratto come vantaggio alcune commesse per il porto di Augusta. Sotto la lente della procura di Potenza è finita anche la lettera inviata dall’allora ministra Federica Guidi alla presidente della Camera, Laura Boldrini, in cui si chiede di velocizzare le operazioni amministrative sugli stanziamenti in favore dell’ammodernamento della flotta italiana. Nel documento si legge che «sullo schema del decreto è stato acquisito il formale assenso del ministero della Difesa e del ministero dell’Economia e finanze. Ritengo opportuno rappresentare che lo stesso “Programma navale” è già stato sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari (…) e che in tale sede sono stati effettuati anche approfondimenti e valutazioni per quanto riguarda i profili finanziari connessi alla sua attuazione. Mi preme segnalare, infine, l’urgenza del parere, che dovrebbe essere, a questo punto, facilitato (…) e concludersi al più presto con la stipula dei contratti e gli impegni formali di spesa».

Il «voto di scambio»

La maxi inchiesta, infine, ha un quarto filone che, però, rientra nella vicenda dell’emendamento. Stando al contenuto di un’informativa di maggio scorso della squadra mobile emergerebbe come il sottosegretario alla Salute, Vito De Filippo, abbia ottenuto voti in cambio di un suo interessamento per far assumere diversi soggetti in aziende private. In particolare, si tratterebbe di preferenze elettorali per le primarie regionali del Pd, elezioni amministrative e al parlamento europeo. Pur trattandosi di un’informativa di reato all’attenzione della Procura, allo stato il nome del sottosegretario non risulta tra gli iscritti nel registro degli indagati. Agli atti è raccontato anche un incontro al ministero della Sanità tra Mariachiara Montemurro, segretaria di De Filippo, e l’imprenditore Lorenzo Marsilio, della società Sudelettra spa. Stando ai magistrati, si tratta di uno dei vari interessamenti tesi all’assunzione di persone che sarebbero vicine a De Filippo.