Meno di un’ora di incontro effettivo ieri pomeriggio. Nella sede del dicastero delle Riforme istituzionali il ministro Maria Elena Boschi risponde ai pubblici ministeri di Potenza. È sentita come persona informata sui fatti oggetto dell’indagine condotta dalla squadra mobile del capoluogo lucano.
Il capo della procura, Luigi Gay, il procuratore aggiunto Francesco Basentini e la pm Laura Triassi svolgono l’audizione con il ministro Boschi insieme con il magistrato della Dna-direzione nazionale antimafia, Elisabetta Pugliese, e il dirigente della squadra mobile della questura di Potenza, Carlo Pagano.
Maria Elena Boschi, in qualità di persona informata sui fatti, risponde in prima persona: la procedura non prevede la presenza di un legale. Non presenta una memoria agli inquirenti. Il colloquio in senso stretto, a parte una serie di procedure tecniche da svolgere e da risolvere, dura circa un’ora. Alla fine, lei esce dal ministero sorridente e silenziosa. Nessuna dichiarazione da parte di magistrati e investigatori. Ma il procuratore Gay sottolinea: «Era necessario farlo».
Per forza. Maria Elena Boschi viene tirata in ballo dalle intercettazioni tra Gianluca Gemelli, imprenditore e compagno del ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, e quest’ultima. In ballo c’è un emendamento dell’Esecutivo, già presentato invano dal Governo durante l’ iter del provvedimento «Sblocca-Italia», poi riproposto e approvato, nel testo sulla legge di Stabilità, con lo scopo di sbloccare il progetto in Lucania di Tempa Rossa, il giacimento che vale 50mila barili al giorno, gestito dalla Total con Mitsui e Shell.
Il ministro per le Riforme istituzionali lo disse il giorno dopo la rivelazione dell’inchiesta: Tempa Rossa è «un progetto strategico per il Paese, firmerei di nuovo l’emendamento domattina». È sceso in campo perfino il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per dare piena legittimazione a quella norma proposta da Palazzo Chigi: «Ho scelto io di fare questo emendamento, lo rivendico per forza. Le opere pubbliche sono state bloccate per anni e l’idea di sbloccare le opere pubbliche l’abbiamo presa noi per Tempa Rossa, per Pompei, per Bagnoli e per altre opere». Dichiarandosi poi disponibile a spiegare tutto ai magistrati. Loro hanno fatto sapere che Renzi «non pensavamo di sentirlo».
Per Maria Elena Boschi, invece, il passaggio degli inquirenti è obbligato, così come per il ministro Guidi, entrambe ascoltate in qualità di persone informate sui fatti.
I pm dovranno sentire anche Federica Guidi ma non è ancora nota la data. Boschi ieri ha spiegato i passaggi della nascita e dell’approvazione dell’emendamento. Gli inquirenti hanno scandagliato la procedura svolta, nei dettagli, e, com’è probabile, hanno chiesto conto soprattutto di come si sia svolto il confronto tecnico-burocratico tra il dicastero per le Riforme istituzionali e il Mise, prima che il testo fosse trasmesso dal ministro Boschi in Parlamento per l’approvazione. Perché se il compagno della Guidi, Gemelli, non nascondeva ai suoi interlocutori l’interessamento per Tempa Rossa – doveva fruttargli un subappalto dalla Total – l’azione inquirente deve accertare che nella procedura normativa ministeriale non ci siano tracce di pressioni indebite o illecite.
Ma Maria Elena Boschi è serena sul suo operato e quello del Governo: lo testimoniano le sue dichiarazioni. Ha smentito forme di pressione della collega Guidi e, in un’intervista a La Stampa, ha messo in rilievo: «Più volte direttamente il presidente del Consiglio aveva sottolineato pubblicamente l’importanza di Tempa Rossa. È tutto alla luce del sole, nessun blitz, nessun gioco segreto».