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Nel 2015 potere d’acquisto salito dello 0,8%

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Nel 2015 potere d’acquisto salito dello 0,8%

Il potere d’acquisto riprende fiato, mettendo a segno il primo rialzo dopo otto anni. L’Istat registra un aumento dello 0,8% nel 2015 che vale come una piccola boccata d’ossigeno per gli italiani che, non a caso, hanno aumentato i consumi.

Dalla lettura trimestre per trimestre dei dati diffusi ieri dall’Istat risulta evidente come le buone notizie per i portafogli delle famiglie siano il frutto dei primi nove mesi dell’anno. Negli ultimi tre c’è stata invece una flessione almeno a livello congiunturale (-0,7% per il potere d’acquisto e -0,6% per i redditi correnti). Dall’Istituto si chiarisce che non c’è un fattore scatenante alla base dei ribassi ma si è trattato di un rimbalzo negativo, un aggiustamento tecnico vista la crescita sostenuta dei mesi precedenti. E comunque il risultato annuo è un aumento del potere d’acquisto, grazie a un +0,9% dei redditi (contro un impercettibile +0,1% dell’inflazione). Da ogni trimestre la si prenda, non delude invece la spesa, che chiude l’anno a +1%. La propensione delle famiglie a mettere da parte risparmi resta immobilizzata all’8,3%. E non si muove neppure il tasso d’investimento anche se il mercato immobiliare si è risvegliato e i prezzi cominciano a risentirne. Sempre l’Istat infatti rileva come il mattone stia diventato un po’ meno economico: nel 2015 la discesa dei prezzi delle case si è arrestata al -2,4% (era -4,4% l’anno prima) ma il terreno perso durante gli anni di crisi rappresenta ancora una prateria, tanto che rispetto al 2010 i listini sono più bassi del 13,9%. Nel 2015 la quota di profitto delle società non finanziarie è stata del 40,6%, inferiore di 0,1 punti percentuali rispetto al 2014, mentre il tasso di investimento delle società non finanziarie è sceso nel 2015 al 18,4%, con una riduzione di 0,3 punti percentuali.

Sul fronte dei conti pubblici (si veda l’altro articolo), l’unica novità è la revisione in aumento della pressione fiscale per il 2015, la stima del mese scorso è stata alzata di 0,2 punti, ma comunque il dato risulta in calo sul 2014. La correzione si spiega con l’operazione Salva-banche: le risorse affluite dal sistema bancario italiano al Fondo nazionale di risoluzione (2,3 miliardi) sono state classificate come «imposte indirette», mentre, chiarisce l’Istat, «i fondi trasferiti dal Fondo stesso per coprire le perdite delle banche commissariate (circa 1,7 miliardi) sono stati contabilizzati all’interno delle uscite». L’esborso dello Stato è invece sceso se si guarda alla spesa per gli interessi pagati sul debito (-7,9%).

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