L’ostacolo, ormai, non è più qui. E nemmeno l’handicap, la distanza rispetto ai nostri partner. Allineandosi alle politiche della Bce, il costo del denaro per le imprese si è progressivamente livellato verso il basso, scendendo in termini assoluti a nuovi minimi storici e andando ad avvicinare persino i tassi tedeschi: da questo punto di vista lo spread quasi non esiste più.
Recuperando l’anomala impennata di gennaio, i tassi di interesse medi per le imprese relativi alle nuove operazioni di finanziamento si attestano infatti a febbraio a quota 1,7%, 43 punti base in meno rispetto al mese precedente. Un livello assoluto che si pone appena al di sotto della media europea e che ormai mette nel mirino anche i tassi tedeschi, già raggiunti e superati (al ribasso) negli ultimi mesi dello scorso anno.
Per un imprenditore italiano lo spread allo sportello rispetto a un omologo concorrente tedesco si attesta oggi ad appena 16 punti base, un’inezia rispetto agli 82 di dodici mesi prima.
Il processo di convergenza verso il basso è stato infatti asimmetrico, con la Germania rimasta quasi ferma sui livelli di inizio 2015 mentre in Italia la discesa è stata più robusta, pari a 69 punti base.
Indebitarsi in Italia, per la verità, è già più conveniente rispetto alla Germania per i prestiti di taglia maggiore, quelli che superano il milione di euro. In questa categoria a febbraio il tasso medio pagato dalle imprese è pari all’1,1% (ben 45 punti base in meno rispetto al mese precedente) mentre a Berlino si pagano 18 punti base in più.
Le distanze tuttavia tendono ad allargarsi per le scadenze più lontane mentre sono quasi azzerate (appena 14 punti base) per i prestiti fino ad un anno. Chi volesse invece guardare oltre, con finanziamenti di più di cinque anni, pagherebbe in media il 3,05% mentre in Germania il “conto” si fermerebbe all’1,72%. Anche in questo caso, tuttavia, lo spread tende a ridursi: 176 punti base un anno fa, 133 oggi.
Numeri buoni non solo per la statistica ma soprattutto per la competitività nazionale. Le somme prese a prestito a febbraio dalle aziende non finanziarie per nuove operazioni, quasi 37 miliardi di euro, su base annua oggi costano alle imprese 624 milioni di euro, 261 in meno rispetto a quanto sarebbe accaduto dodici mesi prima.
Allargando lo sguardo all’intero stock di debiti il beneficio dei tassi low-cost è ancora più rilevante.
Sulle consistenze, valutate da Banca d’Italia in poco meno di 900 miliardi (tra società non finanziarie e famiglie produttrici) gravano oggi interessi passivi inferiori di oltre mezzo punto rispetto a quanto accadeva un anno fa, con benefici in termini di minori oneri per le imprese valutabili su base annua in cinque miliardi di euro.
Anche se gli investimenti non sembrano ancora aver imboccato con decisione la strada del rimbalzo, molte imprese hanno deciso di approfittare del nuovo scenario ammodernando le proprie attrezzature sfruttando anche i benefici esistenti. Per le Pmi dotate di un rating ottimale la Sabatini-bis ha progressivamente cambiato “volto”, trasformandosi da semplice contributo (parziale) in conto interessi a un vero e proprio sostegno in termini di capitale. L’importo del beneficio garantito dal Ministero dello Sviluppo, calcolato su un finanziamento a cinque anni con un tasso del 2,75%, risulta infatti superiore nel concreto alle rate di interessi applicate dalle banche. Prendendo come riferimento il segmento dei prestiti inferiori al milione di euro il tasso medio è oggi pari al 2,73%, livello che ovviamente scende ancora al miglioramento del rating aziendale. Incentivi che tuttavia non bastano per rilanciare in modo energico e definitivo gli investimenti aziendali.
Dopo la corsa a doppia cifra del 2015, con 55 miliardi di euro in più di nuove operazioni finanziate, nel 2016 il trend dei volumi richiesti dalle imprese pare più contrastato e in ogni caso non è il racconto di una “corsa” allo sportello. Al calo di gennaio si contrappone una lieve crescita del mese successivo, solo però per gli importi di taglia superiore al milione di euro (+13,2%). Nei prestiti di taglia inferiore si registra invece una lieve frenata: 13,4 miliardi, un calo dell’1,5% rispetto al livello di 12 mesi prima.